La Scuola ai tempi del Covid
WJ #120Il 24 Febbraio 2020 veniva annunciata la prima chiusura scolastica a causa dei primi casi di Covid-19. Il servizio del fotografo Daniele Napolitano ci aiuta a tirare le somme del primo anno de La Scuola ai tempi del Covid.
Nel corso degli ultimi decenni abbiamo assistito a una vera e propria metamorfosi dell’istituzione scuola: una metamorfosi riguardante specialmente la sua struttura interna. Questa iniziava infatti a mutare approcciandosi alla gerarchia del tipico modello aziendale, considerato – erroneamente – il modello perfetto a cui ispirarsi. Ma scuola e azienda non sono – e non saranno mai – sinonimi. Forse è proprio per questo motivo che le scuole, così come le aziende e le imprese, si sono rivelate troppo impreparate nei confronti del Covid. Da un contesto che è per definizione democratico, inclusivo e paritario, sono emerse invece disuguaglianze economiche e mancanza di competenze, ed entrambe hanno colpito una salute psicologica già precedentemente destabilizzata dall’emergenza sanitaria. Certo, l’aver introdotto uno sportello psicologico interno all’istituto assieme all’aver distribuito un tablet per le famiglie economicamente più svantaggiate sono state buone mosse atte a ridurre quel senso di disuguaglianza appena descritto. Però non è bastato.
Quello che attualmente è complesso da recuperare è proprio l’essenza della scuola stessa: insegnamento, dialogo, confronto. E questa difficoltà ha condotto a una presa di coscienza che ha coinvolto sia professori che studenti. Infatti, come due facce della stessa medaglia, gli studenti sono scesi nelle strade, di fronte ai loro istituti, sia per far sentire la loro voce – compensando la bocca coperta dalla mascherina tramite l’utilizzo di un megafono – sia per mettere in campo diverse iniziative (come nel caso degli studenti della Sapienza) cercando di ritrovare quella dimensione dedita allo studio che ormai manca da più di un anno.
Da sempre sentiamo che la scuola può migliorare e – probabilmente – sempre lo sentiremo. Ma non è più il tempo di far riecheggiare frasi fatte, e il Covid-19 ce lo ha dimostrato.