La fotografia documentaria
WJ #94In occasione del terzo degli incontri fotografici organizzati da Sony Italia alla Villa Reale di Monza e legati alla mostra Sony World Photography Awards, Witness Journal si è fatto raccontare da Davide Monteleone il senso del suo lavoro di ricerca e dell’ultimo suo progetto in particolare
Russia 1917. L’impero zarista si sfalda lasciando il posto, nel 1922, all’Unione Sovietica. Russia 2017. A cento anni dalla rivoluzione di ottobre, Davide Monteleone, nel suo ultimo lavoro “The April Thesis” ripercorre le tappe del viaggio di un uomo che ha contribuito a cambiare la storia d’Europa e del mondo, Vladimir Il’ič Ul’janov, detto Lenin. La redazione di Witness Journal ha incontrato il fotografo in occasione del ciclo di incontri organizzati da Sony Italia alla Villa reale di Monza e qui ha scambiato con lui impressioni e sensazioni sul ruolo che la fotografia documentaria ha oggi nella nostra società.
Ma per farlo si è partiti dall’ultimo lavoro di Monteleone. Esiliato in Svizzera quando ancora sul trono di Russia sedeva lo zar Nicola II, Lenin è ritornato in patria per guidare la rivolta bolscevica. Con partenza da Zurigo il 16 marzo 1917, il treno con a bordo Lenin, sua moglie Nadja e un gruppo di fedelissimi, attraversa la Germania, la Svezia e dopo avere oltrepassato il confine finlandese ed essere arrivato a Helsinky, giunge in Russia a Pietrogrado.
Il lavoro “The April Thesis” è stato pubblicato nel 2017 e il processo di produzione è avvenuto in più fasi. Tre per la precisione. “Da un lato – spiega l’autore – la ricerca su materiale storico che era indispensabile alla fase preparatoria del viaggio e che ho deciso di riprodurre fotograficamente. Il viaggio fisico attraverso i luoghi ed infine un’ interpretazione, più che della figura di Lenin, della sua iconografia”. Sfogliando il libro si percepisce una sorta di sdoppiamento. Da una parte il Monteleone fotografo e storico, che per mesi ha lavorato nell’archivio statale russo della storia socio politica di San Pietroburgo che conserva tutti i documenti della vita di Lenin, dall’altra il Monteleone-Lenin, ossia la riproposizione di se stesso nei panni del leader russo durante il suo viaggio per l’Europa. Il portfolio è un intervallarsi di immagini di documenti storici e originali e situazioni di viaggio con Lenin riproposto nei luoghi che egli stesso ha visitato cento anni fa.
Ricostruzione storica e creazione fotografica inseriscono l’opera di Monteleone all’interno del dibattito tra fotogiornalismo e fotografia documentaria. Tuttavia l’autore è certo che “The April Thesis” non sia un lavoro giornalistico in senso stretto. Non ci sono elementi di cronaca, non c’è il racconto di una realtà attuale tipica dei racconti fotografici di oggi. Lo stesso Lenin che lui incarna è la sua interpretazione iconografica, in posa, come nelle statue che lo ritraggono in giro per il Paese. “Non credo che questo lavoro sia un lavoro fotogiornalistico, che segue regole professionali ben precise. È un lavoro di fotografia documentaria che ha confini più labili e maggiore libertà della fotografia prestata al giornalismo. “The April Theses” è una narrazione e rivisitazione di un avvenimento storico reale, ma non è giornalismo”.
Anche i linguaggi sono diversi. C’è sperimentazione, voglia di provare a riscoprire vicende lontane nel tempo e che un fotografo non può aver testimoniato direttamente per il semplice fatto di non essere stato lì a puntare l’obiettivo. “Credo che molta fotografia documentaria contemporanea vada in questa direzione, sperimentando linguaggi diversi che hanno come obiettivo quello di meglio costruire una narrazione lasciando che sia la storia stessa a definire le modalità più che lo stile dello stesso fotografo”, continua Monteleone.
Ma la fotografia può mentire. Non sempre è veritiera. Se dovessimo trarre una lezione dal lavoro presentato alla Villa reale non potrebbe essere che questa. Una foto mente perché può essere fraintesa, può essere mal interpretata oppure perché viene utilizzata di proposito per far passare un messaggio volutamente criptico. Se vediamo le rappresentazioni del Lenin monteleoniano ce ne accorgiamo. Quello è l’autore camuffato, ma a prima vista sembra davvero di vedere il vero Lenin seduto su un tronco nella foresta di Umea, in Svezia, nel 1917. Ma fa tutto parte del gioco. Una costruzione ad hoc per condurre il lettore indietro nel tempo attraverso il linguaggio grafico dell’obiettivo. Monteleone, per spiegare questo concetto, mostra anche un’altra fotografia stavolta estrapolata dal suo lavoro Spasibo, pubblicato nel 2013. La foto in questione è la bambina con il velo da sposa. Sguardo triste, corpo rigido, braccia lungo i fianchi. Una baby sposa? No, semplicemente una bambina che prova l’abito da matrimonio della sorella.