Là dove soffia il mistral
WJ #128Gitani di tutto il mondo si radunano ogni anno, il 24 e 25 maggio, a Saintes-Maries-de-la-Mer, una pittoresca cittadina della Camargue, a sud di Arles. Per venerare la loro patrona: Santa Sara la Nera.
Del mistral, il vento della Provenza che può raggiungere raffiche di oltre 100 km/h infilandosi per la valle del Rodano giù fino alle terre piatte della Camargue, fatte di stagni e paludi dove si allevano tori e cavalli, si raccontano storie e leggende. Si dice che è il maestro dei venti. Colui che guida i marinai del Mediterraneo. Che soffia per tre, sei o nove giorni consecutivi. Che flagella gli uomini, li fa impazzire. Ma benedice la natura. È sembra davvero un luogo benedetto la regione della Camargue, questa terra ancora selvaggia dove gli animali vivono allo stato brado ed è facile incontrare piccoli gruppi di cavalli bianchi correre lungo le risaie, fenicotteri rosa camminare nell’acqua tinta dal rosso fuoco del tramonto, o tori indomiti che pascolano nella brughiera. Abbracciato a questa porzione di terra ai confini del mare, si trova il borgo di Saintes-Maries-de-la-Mer, un piccolo reticolo di case bianche che si stende intorno a una chiesa romanica, imponente e altera come una fortezza, costruita per proteggere gli antichi abitanti dalle scorribande dei pirati lungo le coste del Mare Nostrum.
Saintes-Maries-de-la-Mer è la Mecca della cultura gitana e provenzale. Qui ogni anno, il 24 e il 25 maggio, si celebra la festa di Santa Sara la Nera, loro patrona, le cui reliquie sono custodite nella cripta della chiesa. E qui si racconta un’altra leggenda che si lega a quella dell’impetuoso mistral, il vento benedetto.
Il nome al plurale del borgo si riferisce a tre Marie: Maddalena, Salomé e Jacobé, le quali secondo, appunto, la leggenda, sbarcarono proprio su queste coste insieme a Sara la Nera, loro serva. Le donne erano cristiane perseguitate fuggite dalla Palestina dopo la crocifissione di Gesù su una barca senza timone e senza remi. Venerata come una santa dalla comunità gitana dei Manouches, Coradones, Sinti e Rom, Sara la Nera viene celebrata in queste giornate di fine maggio con una processione per le strade e per le spiagge. Le Pèlerinage des Gitans inizia una decina di giorni prima della festa. Le strade del borgo si riempiono di gitani. Un caleidoscopio di colori, musica ed eventi si susseguono per giorni interi animando questo piccolo paese francese in cui nel 1888 si trasferì, giungendo dalla vicina Arles, Vincent Van Gogh, ammaliato dai colori cangianti e intensi della natura e del mare. La statua di Santa Sara, ricoperta da abiti multicolore e gioielli, il 24 maggio viene portata in processione dai gitani fino al mare dove viene benedetta, circondata da una folla gremita di fedeli che indossano il costume tradizionale e a pellegrini provenienti da tutto il mondo. Questo è il momento più importante, quello in cui vengono battezzati i bambini e durante il tragitto della processione, che vuole ricreare il momento in cui Santa Sara sbarcò a Saintes- Maries-de-la-Mer, chiunque riesca a toccare anche solo il mantello si dice godrà di benedizioni e fortuna durante l’anno. Secondo la tradizione si può toccare la statua soltanto una volta l’anno, altrimenti si godrà di cattiva sorte.
Intanto il vento spazza le onde del mare, la sabbia bianca delle spiagge riflette il caldo sole di fine maggio, gitani pittoreschi si aggirano per le piazzette con chitarre e cappelli di feltro nero, cartomanti leggono la mano tra canti e balli, e si assiste alla corsa dei guardians, i butteri con camicia a fiori e foulard al collo, che segna l’inizio delle corride non cruente, le courses camarguaises, insieme ai tipici giochi provenzali a cavallo. E osservando questa festa popolare piena di colore, non si può non immaginare Van Gogh mentre su quella stessa spiaggia dipinge una delle sue marine (tra i pigmenti di quelle realizzate a Saintes-Maries-de-la-Me sono stati trovati granelli di sabbia) cercando di afferrare con la pittura i riflessi imprendibili della superficie di quel mare, ora benedetto dalle preghiere gitane.