La città nascosta
WJ #106Nulla è come sembra. Tutto è irrazionale. (murales)
L’Aquila non è morta, non è neanche il pavido spettro dell’abbandono come molto spesso si vuol rappresentare, ma è una città che, per una parte della sua popolazione, quella più giovane e più ferocemente colpita dal sisma, è madre, culla, tana e nascondiglio. Giovani e adolescenti popolano i vicoli deserti al calar del sole, facendosi luce nel percorso con i telefonini e poi, dopo uno sguardo attento a destra e sinistra, via dentro il portone del “Tonzo” o del “Circoletto” oppure su per la finestra dentro l’Hotel del Sole da cui si vede la piazzetta e «si può controllare se qualcuno arriva» o nello scantinato del “Palazzone”, «dove vanno le prostitute».
Case e vicoli, una volta abitati e vissuti da famiglie e studenti, trovano un nuovo nome che viene dato loro da chi nel 2009 – l’anno del terremoto – era poco più di un bambino ed oggi, pressoché adolescente, vive in un luogo a lui sconosciuto.
Chi stappa una bottiglia di birra, chi gira una canna, chi si allunga su un divano lasciato gentilmente a marcire dal proprietario di casa, chi fa l’amore e chi canta in rima, mimando gli atteggiamenti dei rapper americani. Fittizia vita da bassifondi, raccontata dalle scritte sui muri e dalle siringhe usate. Una piccola comunità, forse l’unica reale, che vive all’interno dei palazzi violando quel concetto ormai inesistente di proprietà privata.
Un invisibile muro sembra amplificare la divisione della città tra adulti e ragazzi che, a causa della mancanza di spazi a loro dedicati, preferiscono ai bar e ai pub il buio e silenzioso antro della città proibita: la zona rossa.
Nella città vecchia, tra muri crollati, materassi e mobili accatastati in ogni dove, le prostitute vendono sollievo alle fatiche degli operai impegnati nella ricostruzione, violando letti abbandonati o scantinati putrescenti sotto gli occhi discreti di guardoni.
Almeno finché la città non verrà ricostruita, almeno finché chi ha vissuto in quegli appartamenti non vi farà ritorno, nel buio di queste vie si fondono inconsapevolmente le due realtà destinate ad essere la metafora di un’assenza in cui la giustificabile presenza di alcuni rappresenta l’ingiustificabile assenza di altri.