La casa che non c’è

WJ #139

La casa che non c’è. L’emergenza abitativa degli studenti universitari fuorisede a Bologna

Era una casa molto carina, senza soffitto, senza cucina;
non si poteva entrarci dentro, perché non c’era il pavimento

Vinicius de Moraes

L’emergenza abitativa è cruciale non solo per le quasi 2,5 milioni di famiglie che, secondo i dati Istat, spendono per la casa una quota uguale o superiore al 40% del reddito disponibile, ma anche per gli studenti universitari fuori sede. Recentemente si sono fatti carico di questa problematica, portando all’attenzione delle istituzioni il tema attraverso manifestazioni e proteste che si sono diffuse in tutto il paese. A Bologna, città universitaria per eccellenza, l’aumento drammatico di questo fenomeno è una vera e propria lotta quotidiana contro prezzi lievitati rispetto agli anni precedenti, poiché il costo di una stanza va mediamente dai 500 ai 700 euro circa al mese, per non parlare dei contratti in nero e delle truffe on line denunciate nei social. La ricerca di un alloggio per chi viene da fuori non è mai stata semplice in questa città già prima della pandemia. Oggi, con il ritorno totale in presenza delle lezioni, il nuovo boom del turismo e il caro bollette, trovare un alloggio a costi affrontabili quasi impossibile. Come se non bastasse, a tutto questo si aggiungono, nei “provini”, i colloqui con proprietari e futuri inquilini, discriminazioni in termini di sesso, occupazione, provenienza e persino orientamento sessuale.

Il progetto fotografico racconta le proteste e la situazione di alcuni di questi studenti: Tecla, ad un passo dalla laurea, pendolare dalla Toscana, prende due treni e un autobus pur di finire gli esami e scrivere la tesi; Giammarco, appena laureato, vive in un ostello da mesi in attesa di trovare una stanza; Elena, al primo anno di studi, condivide il letto con sua sorella, più fortunata; Giorgia, al primo anno, sta affrontando un processo di transizione di genere per via del quale ha ricevuto numerose discriminazioni sessuali durante la ricerca di un’abitazione. E ancora B. dalla Repubblica del Congo: attualmente vive in un monolocale senza cucina, all’interno di una struttura che in cambio dell’alloggio gli ha fornito un lavoro; se a questo si aggiunge che deve studiare per dare gli esami la situazione risulta estremamente critica.

Ha ancora senso scegliere di studiare in questa città se viverci è diventato così difficile?

Il reportage

Scheda autore

Giovanna Dell'Acqua

Giovanna Dell’Acqua nasce nel 1985 a Bologna, città dove attualmente vive. Lavora prevalentemente su progetti a lungo termine d’impronta reportagistica con particolare riferimento a tematiche sociali attuali legate al tessuto urbano bolognese. I suoi progetti sono stati pubblicati su: Internazionale, Il Sole 24 Ore, Vanity Fair, Witness Journal, Il Reportage, Perimetro, La Repubblica Bologna e Il Corriere di Bologna.

Fotocamera: Nikon D750
Obiettivo: 24-70 mm

English version

The house that is not there. The housing emergency of undergraduate students in Bologna

Photo by Giovanna Dell’Acqua

Text by Giovanna Dell’Acqua and Emanuela Corazziari

It was a very nice house, without a ceiling, without a kitchen;
you could not enter it, because there was no floor

Vinicius de Moraes

The housing emergency is crucial not only for the nearly 2.5 million households that, according to Istat data, spend 40% or more of disposable income on the home, but also on university students away from home. They have recently taken on this issue, bringing the problem to the attention of the institutions through demonstrations and protests that have spread throughout the country. In Bologna, a university city par excellence, the dramatic increase in this phenomenon is a real daily struggle against higher prices compared to previous years, since the cost of a room goes on average from 500 to 700 euros per month, not to mention the undeclared contracts and online scams denounced on social media. The search for accommodation for those coming from outside has never been easy in this city already before the pandemic. Today, with the total return in the presence of lessons, the new boom in tourism and the expensive bills, find accommodation at affordable costs almost impossible. As if it were not enough, in the “auditions”, interviews with owners and future tenants, discrimination in terms of sex, employment, provenance and even sexual orientation are added.

The photographic project voices the protests and the situation of some of these students: Tecla, one step from graduation, commuting from Tuscany, takes two trains and a bus to finish the exams and write the thesis; Giammarco, just graduated, lives in a hostel since months waiting to find a room; Elena, in the first year of studies, shares the bed with her sister, more lucky; Giorgia, in her first year, is facing a gender transition process due to which she has received numerous sexual discrimination while looking for housing. And again B. from the Republic of Congo: he currently lives in a studio without a kitchen, inside a structure that in exchange for the accommodation has provided him with a job; if added to this that he has to study to give the examinations the situation is extremely critical.

Does it still make sense to choose to study in this city if living there has become so difficult?