La canzone di Tkvarcheli

WJ #97

“Lo vedi, in questa terra c’è metallo prezioso… | Giace lì, fermo, inutile… | Ma un giorno, fratello mio, in molti |

Arriveranno qui da posti lontani: | Sulle labbra del mondo, ovunque, risuonerà il nome di Tkvarcheli.” Leonty Labakhua

Agli occhi di un visitatore, Tkvarcheli appare come una cattedrale nel deserto: edifici dismessi, una stazione vuota e una piccola comunità che ha conosciuto tempi migliori.

E’ proprio nella resistenza dei volti e nell’ordinata maestosità delle sue architetture che sta il segreto di questa cittadina dell’Abcasia, fiore all’occhiello dell’Unione Sovietica durante la Grande Guerra, grazie alle riserve di carbone che rifornivano l’intera flotta del Mar Nero. L’esaurirsi dei giacimenti negli anni ‘70, il graduale spopolamento e la dolorosa esperienza dell’assedio georgiano, hanno temprato in maniera indelebile l’orgoglio di chi continua ad abitarla.

Non stupisce che il progetto di Maria Gruzdeva si sia aggiudicato la prima edizione del Premio Internazionale di Fotografia di Architettura e Paesaggio Gabriele Basilico. Nelle immagini che lo compongono, la linea di continuità con i lavori del maestro lombardo è evidente. Tuttavia, le influenze della fotografa russa si spingono ben oltre. In “Milano ritratti di fabbriche” Basilico intercettava il passaggio di una realtà operaia all’era contemporanea, attraverso la raffigurazione dei monumenti industriali; in “The Song of Tkvarcheli” la Gruzdeva, figlia della propria epoca, si spinge al di là e si fa portavoce di una diversa interpretazione degli eventi. Sceglie di non puntare il suo obiettivo soltanto sulle architetture cittadine e sui documenti di un passato glorioso, espresso mediante il puntuale utilizzo del materiale d’archivio, ma ricorre ai numerosi ritratti degli abitanti. Non si limita a inseguire la Storia attraverso le sue tracce, bensì la vive e l’attraversa dal di dentro. I riferimenti sono molteplici: da August Sander a Walker Evans, sino ad alcune produzioni di Joel Sternfeld, o quelle ancora più recenti del suo allievo Alec Soth. In definitiva, la Gruzdeva pone ciò che è al cospetto di ciò che è stato, in una consapevolezza tutta postmoderna – ma con radici lontane nel tempo – che attribuisce un valore relativo, fluido e globalizzato, al concetto stesso di storia e di territorio.

Il reportage

Scheda autore

Maria Gruzdeva

[:it][:it][:it][:it][:it]Maria Gruzdeva lavora a progetti documentari a lungo termine, sostenuti da ricerche approfondite. Il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale in mostre e festival fotografici. Maria è la vincitrice di varie competizioni e nel 2016 è stata nominata una delle 30 Under 30 dalla categoria Forbes in the Arts.

Il suo lavoro è stato pubblicato in tre monografie: Direction-Space! (Dewi Lewis Publishing, 2011), Border: Un viaggio lungo i confini della Russia (Schilt Publishing, 2016) e The Song of Tkvarcheli (Danilo Montanari Editore, 2017) e incluso in Fireworks: Female Photographers Now (Thames & Hudson, 2017) .[:][:][:][:][:]

Fotocamera: Canon 6D
Obiettivo: 18-55 mm

English version

[:it][:it][:it][:it][:it]

The song of Tvarcheli

Photography by Maria Gruzdeva

Story edited by Davide Barbera

 

Looking Tvarcheli as a visitor, this small town looks like a cathedral in the desert: abandoned buildings, an empty station and a small community that has known better times

 

This small town of Abkhazia was the flagship of the Soviet Union during the Great War, thanks to the coal reserves that supplied the entire Black Sea fleet. The depletion of deposits in the ’70s, the gradual depopulation and the painful experience of the Georgian siege, tempered indelibly the pride of those who continue to inhabit it.

 

No wonder Maria Gruzdeva’s project won the first edition of the Gabriele Basilico International Architecture and Landscape Award. In her images, the line of continuity with the works of the Lombard master is evident. However, can be also found a great influences from the Russian photographey.

Maria chooses not to focus her target only on city architecture and documents of a glorious past, expressed through the timely use of archival material, but recurs to the numerous portraits of the inhabitants. she does not limit herself to pursuing history through its traces, but rather lives it and crosses it from within. There are many references: from August Sander to Walker Evans, up to some productions by Joel Sternfeld, or even more recent ones from his student Alec Soth.[:][:][:][:][:]