Kabristan – Land of Graves
WJ #132di Simone Mestroni
Testo a cura di Simone Mestroni e Stefano Pontiggia
Il Kashmir scorre nelle nostre vene. Per questo noi daremo sempre pieno sostegno al suo popolo (Pervez Musharraf)
Dal 1° Febbraio 1947 la regione del Kashmir è al centro di una disputa territoriale tra India e Pakistan, sfociata nel 1989 in una vera e propria guerriglia anti-indiana. L’insurrezione separatista, sostenuta dalla popolazione a maggioranza musulmana e alimentata dall’esercito pakistano, è profondamente legata a ideologie politiche islamiste, in parte coperte dallo slogan “Azadi”, libertà in lingua urdu. Dopo il 2001, il movimento ha vissuto una fase di decadenza e di generale disillusione, una fase interrotta dalle rivolte del 2008-2016, guidate dalla generazione cresciuta negli anni ’90.
A causa della diffusa frustrazione negli anni seguenti sempre più giovani di diversa estrazione sociale si sono arruolati nella guerriglia, mentre le ideologie islamiche più ortodosse hanno progressivamente guadagnato terreno. In Kashmir il peso del passato (storico, ideologico e politico) è precipitato nel circolo vizioso della logica del martirio: un potenziale pronto ad esplodere in nuovi cicli di violenza.
Kabristan (cimitero in urdu), è un tentativo di rappresentare questo substrato antropologico -una miscela di elementi apparentemente dormienti come tombe, ma al contempo disponibili a riaccendersi e ad esplodere in nuove stagioni del conflitto. Il progetto, basato su una ricerca etnografica durata diversi anni, è stato realizzato a Srinagar, la principale città della valle del Kashmir nonché cuore della storia culturale e politica dell’area. Il lavoro si sviluppa, sul piano estetico e metaforico, in una serie di “lapidi visive”- composizioni da cui trasuda l’impressione di una subdola tensione tra passato e futuro, introspezione e violenza, utopia politica e cruda realtà – accomunate da un’atmosfera opprimente che attraversa paesaggi interiori ed esteriori.
Il reportage
Scheda autore
Simone Mestroni
Simone Mestroni (Udine, 1981) vive e lavora in India portando avanti progetti in ambito antropologico e visuale. Tra il 2008 e il 2012 ha condotto una ricerca etnografica di lungo termine incentrata sulle dinamiche identitarie legate al conflitto del Kashmir. Negli stessi anni ha iniziato a lavorare nell’ambito del visuale e come fixer per fotoreporter. Da queste esperienze nel 2018 nasce After Prayers, il suo primo documentario, realizzato anche grazie ad un grant della Wenner Gren Foundation. Il film è stato presentato a diversi festival cinematografici internazionali e premiato a Vienna Ethnocineca (Excellence in Visual Anthropology), Film Southasia (Best Debut), Faito Int. Doc. festival (Youth Jury Award) e all’Etnofilmfest (Best Feature Film). Kabristan-Land of Graves, un lavoro fotografico sugli stessi temi, ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello internazionale tra cui il Deeper Perspective Award all’IPA 2019.
Fotocamera: Canon 550d
Obiettivo: Sigma 17-50 2,8
English version
Kabristan – Land of Graves
Pictures by Simone Mestroni. Text by Simone Mestroni e Stefano Pontiggia
Kashmir runs in our veins. That is why we will always give full support to its people (Pervez Musharraf)
Since February 1, 1947, the region of Kashmir has been at the center of a territorial dispute between India and Pakistan, which in 1989 turned into a real anti-Indian guerrilla war. The separatist insurrection, supported by the (mainly Muslim) population and fed by the Pakistani army, is deeply linked to Islamist political ideologies, partly covered by the slogan “Azadi,” meaning ‘freedom’ in the Urdu language. After 2001, the movement experienced decline and general disillusionment, a phase interrupted by the 2008-2016 uprisings led by the generation that grew up in the 1990s.
Due to widespread frustration in the following years, many young people from different social backgrounds joined the guerrillas, while more orthodox Islamic ideologies gradually gained momentum. In the Kashmir area, the weight of the past (historical, ideological, and political) has precipitated into a vicious circle of martyrdom: an element ready to explode into new cycles of violence.
Kabristan (‘cemetery’ in Urdu) is an attempt to represent this anthropological substratum. It is a mixture of elements apparently dormant like graves, but at the same time available to rekindle and explode in new seasons of conflict. The project, based on ethnographic research lasting several years, was carried out in Srinagar, the principal city of the Kashmir valley and the heart of the cultural and political history of the area. On an aesthetic and symbolic level, the work displays a series of “visual tombstones,” that is, compositions bearing the feeling of a subtle tension between past and future, introspection and violence, political utopia and crude reality – united by an oppressive atmosphere that crosses internal and external landscapes.