Journey to the Lowlands
WJ #130Credo davvero che ci siano cose che nessuno riesce a vedere prima che vengano fotografate.
Diane Arbus
Spesso fotografia è anche sinonimo di scoperta, un invito a guardare le cose da una prospettiva differente. Questo è il caso di “Journey to the Lowlands, tra la via Emilia e il West”, un lavoro che, dal 2013 al 2020, racconta le vite degli abitanti della bassa modenese, la grande pianura attraversata dalla strada statale che dalla Romagna conduce fino in Brianza. Un viaggio alla scoperta di esistenze abbandonate a se stesse, di cui nessuno parla, di cui nessuna racconta le sofferenze e le particolarità ma che quotidianamente lottano per essere viste e riconosciute. Questi territori rappresentano una frontiera, uno spartiacque tra Nord e Sud che viene vissuto solamente come luogo di passaggio in un’atmosfera di indifferenza e lontananza.
Nell’immaginario collettivo l’Emilia è una terra senza difetti, dove tutto funziona, dove tutto va bene e dove gli abitanti vivono serenamente, ma la realtà è un’altra. La crisi del 2008 ha rotto questo illusorio equilibrio e il terremoto ha scoperchiato un mondo che è rimasto celato per molto tempo: negli ultimi anni i lowlanders si sono trovati ad affrontare moltissime sfide date non solo dalla crisi economica, dal terremoto e dalla disoccupazione, ma soprattutto dal mondo delle mafie che da molto tempo si era infiltrato nel territorio. Le conseguenze non sono esclusivamente di carattere economico, gli abitanti sono intrappolati quotidianamente in una gabbia di inquietudine, smarrimento e fragilità da cui è difficile scappare.
“Journey to the Lowlands” vuole quindi stravolgere l’immagine di un’Emilia perfetta, mostrando queste terre nella loro verità, tra difficoltà e resistenza, contrasti e sogni. Le fotografie sono un invito a riconoscere la forza che caratterizza gli abitanti, una forza data dalla stretta armonia che hanno instaurato con la loro terra. È proprio questo il filo rosso di tutto il lavoro: il legame tra gli abitanti delle “Terre Basse” e il loro territorio.
Le immagini vivono di una dimensione in equilibrio tra onirico e realistico, hanno una loro essenza temporale segnata esclusivamente dal ritmo incessante della natura tra nebbia, gelate invernali e afa estiva. Acque che tracimano, campi di grano, case abbondante, roulotte, vigneti, frutteti, casolari e industrie vanno a costruire un’ambientazione che ricorda la misteriosa America del lontano Ovest dove sognatori, vecchie dame, cowboy attempati e amanti appassionati condividono una forma di imperfezione che non è altro che identità unica.