Ilakaka: un tesoro tragico

WJ #114

Lavoro minorile in miniere e fabbriche. Schiavitù. Droga. Frodi finanziarie. Scempi ecologici, disboscamenti, inquinamento, coltivazioni estreme che portano all’estinzione. Monopoli. Malattie. Guerra. I patrimoni nascono tutti da cose sgradevoli.

(Chuck Palahniuk)

Sfruttamento intensivo del terreno, scavi incontrollati, suolo arido. A Ilakaka, un piccolo villaggio nel Madagascar meridionale, lungo la Route Nationale 7, la strada principale che collega la capitale Antananarivo a Toliara, gli avidi desideri delle compagnie straniere hanno un profondo interesse per i ricchi tesori che quella terra nasconde.

Uno su tutti, lo zaffiro, la prima pietra più dura e preziosa al mondo dopo il diamante. Le miniere di quell’area coprono metà del mercato globale di zaffiri e sempre più magnati dell’industria mineraria sono interessati a mettere le mani su questo prezioso e fragile ecosistema. Ma per tutto c’è un prezzo da pagare e chi paga, non a caso, sono gli abitanti di questo villaggio che dalla fine degli anni ’90, in dieci anni, sono passati da 40 a 60 mila. Facile immaginare cosa significhi, sia per l’ambiente circostante, che per coloro che in questa nuova “febbre dell’oro” si sono trasferiti in cerca di fortuna. Ma la fortuna, si sa, è per pochi.

Come racconta Daniele Stefanizzi, autore del lavoro, “i lavoratori malgasci sono sfruttati da commercianti stranieri, provenienti principalmente da Sri Lanka e Thailandia. Gran parte del profitto avviene all’estero: la maggior parte degli zaffiri estratti lascia il Madagascar come materiale grezzo per poi essere raffinato e venduto in Sri Lanka o in Thailandia”. Lo sfruttamento minerario comporta arricchimento a chi investe nell’estrazione, ma ben poco viene lasciato ai lavoratori che tutti i giorni “alle prime luci dell’alba fino a tardo pomeriggio – spiega Stefanizzi – per soli 5.000 Ariary al giorno (meno di 2 euro) i minatori malgasci, a mano o semplicemente utilizzando un pezzo affilato di barre d’acciaio, scavano buche con un diametro di quasi un metro, raggiungendo una profondità di circa 25 metri”. E ci sono anche i bambini. Non bisogna ricorrere alla fantasia per capirne il motivo. I bambini sono piccoli, agili, riescono a infilarsi nei pertugi e ad arrivare dove gli adulti non possono. “La morte per asfissia avviene frequentemente, poiché i fori e le gallerie mancano di qualsiasi tipo di sostengo e rischiano di crollare”, continua Stefanizzi.

L’amara ironia sta nel nome che viene dato alla principale miniera dell’area “Banca svizzera”, una buca di 50 metri i cui lavori sono finanziati da un imprenditore svizzero proprietario di uno dei più grandi e lussuosi banchi d’acquisto sulla strada principale della città. “Al di fuori delle attività dei commercianti vi è un gran numero di minatori illegali che operano a Ilakaka, i quali contrabbandano grandi quantità di denaro fuori dal paese. Dopo lo scavo – spiega l’autore – le pietre vengono lavate con sivanas (gusci di tartaruga) nel fiume per trovare le gemme. Successivamente i minatori si recano in città per vendere il tesoro della loro giornata a un mecenate”.

Il reportage

Scheda autore

Daniele Stefanizzi

Ilakaka: un tesoro tragico

Daniele Stefanizzi è un fotografo nato a Bologna ma cresciuto a Lecce. La sua passione per la fotografia nasce durante gli anni universitari e la coltiva grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo. Nel 2013 frequenta un corso presso lo “Shoot Institute” di Bologna continuando a partecipare a numerosi workshop in tutta Italia. Si interessa principalmente di fotografia sociale e di reportage e le sue foto sono state pubblicate da numerose riviste e premiate in concorsi nazionali e internazionali.

Fotocamera: Fujifilm X100F
Obiettivo: 28 mm

English version

Ilakaka

by Daniele Stefanizzi

Text by Alessio Chiodi and Daniele Stefanizzi

 

Child labor in mines and factories. Slavery. Drug. Financial fraud. Ecological havoc, deforestation, pollution, extreme crops leading to extinction. Monopoli. Illnesses. War. The assets are all born of unpleasant things.

(Chuck Palahniuk)

Intensive exploitation of the land, uncontrolled excavations, arid soil. In Ilakaka, a small village in southern Madagascar, along Route Nationale 7, the main road connecting the capital Antananarivo to Toliara, the greedy desires of foreign companies have a deep interest in the rich treasures of that land. Above all, sapphire, the hardest and most precious stone in the world after the diamond. The mines in that area cover half the global sapphire market and more and more mining magnates are interested in getting their hands on this precious and fragile ecosystem.

But for everything there is a price to pay and who pays, not surprisingly, are the inhabitants of this village that from the end of the 90s, in ten years, have gone from 40 to 60 thousand. Easy to imagine what it means, both for the surrounding environment, and for those who want in this new “gold fever” have moved in search of luck. But luck is only for a few. As Daniele Stefanizzi, author of the work, says, “Malagasy workers are exploited by foreign traders, mainly from Sri Lanka and Thailand. Much of the profit is made abroad: most of the extracted sapphires leave Madagascar as raw material and then be refined and sold in Sri Lanka or Thailand.

“Mining exploitation involves enrichment for those who invest in the extraction, but very little is left to the workers who every day “at the first light of dawn until late afternoon – explains Stefanizzi – for only 5,000 Ariary per day (less than 2 euros) Malagasy miners, by hand or simply using a sharp piece of steel bars, dig holes with a diameter of almost one meter, reaching a depth of about 25 meters “. And there are also children. You don’t have to resort to fantasy to understand why. Children are small, agile, they manage to get into the holes and get where adults cannot. “Death by asphyxiation occurs frequently, since the holes and tunnels lack any type of support and risk collapsing”, continues Stefanizzi.

The bitter irony lies in the name given to the main mine in the “Swiss Bank” area, a 50-meter hole whose works are financed by a Swiss entrepreneur who owns one of the largest and most luxurious purchasing counters on the main road of the city. “Outside of the traders’ activities there are a large number of illegal miners operating in Ilakaka who smuggle large amounts of money out of the country. After the excavation – explains the author – the stones are washed with sivanas (turtle shells) in the river to find the gems. Subsequently the miners go to the city to sell the treasure of their day to a patron.”