I Mbya Guaranì
WJ #142La via più chiara per penetrare nell’Universo passa per l’intrico di una foresta.
(John Muir)
Il popolo indigeno dell’Amazzonia argentina
Adolfo, la mia guida, mi accompagna tra i sentieri sinuosi della giungla con la promessa di conoscere Lorenza, una curandera che vive in un’aldea, un villaggio abitato dalla popolazione nativa dei Guaranì nei pressi di Puerto Iguazù, nella regione di Misiones, in Argentina.
Mi viene incontro con un sorriso accompagnata da suo figlio Juan. “Buenos dias” dice, e mi abbraccia. Ha 82 anni, ma non li dimostra affatto. I suoi capelli sono folti e neri, lo sguardo vispo e allegro. Ci sediamo davanti a una capanna fatta di legno e iniziamo a parlare della loro vita nell’aldea.
Si respira un’aria tranquilla, c’è un silenzio pacifico. Si sentono soltanto le galline scorrazzare in giro. L’indole pacata dei guaranì si contrappone a quella degli argentini della città, chiamati yurua, ossia “dalla bocca grande”, perché parlano tanto e ad alta voce. I Guaranì invece sono di poche parole, ma non sono chiusi al mondo fuori. Nel loro universo coesistono tradizioni ancestrali e tecnologia moderna. Con il tempo si sono dovuti adattare al progresso e al vento inarrestabile del cambiamento. Alcuni di loro hanno il cellulare con internet o il televisore, altri organizzano tour con i turisti e vendono i loro prodotti artigianali. I guaranì sono infatti tutelati dal governo argentino, le loro tradizioni vengono rispettate e protette.
“Mia madre è anche partera” dice Juan. “Ha fatto nascere tutti i bambini del villaggio”. Il sapere ancestrale della medicina e delle pratiche del parto è di competenza esclusiva delle donne e viene trasmesso di generazione in generazione. Lorenza ha curato moltissima gente e, in quanto partera, ha gestito parti anche molto complessi. Ha imparato tutto quello che sa da sua madre, che a sua volta lo ha imparato dalla sua, e così via, fino a risalire l’intera linea matriarcale.
“E tu quanti figli e nipoti hai?”, le chiedo. “Non mi ricordo più”, dice con una risata, “ho perso il conto”. Oltre a essere molto longevi (vivono fino a 120 anni), i Guaranì presentano un tasso di fertilità molto alto; ogni famiglia infatti ha un minimo di quattro figli e figlie.
Ogni bambino o bambina guaranì viene iscritto/a all’anagrafe argentina, ma questa è una pratica recente. Ogni nuovo nato, oltre ad avere un nome spagnolo, ne ha uno nella lingua guaranì, che viene scelto dallo sciamano o dalla sciamana del villaggio prima ancora della nascita. Lo sciamano o la sciamana è anche in grado di prevedere quale sarà la “missione” di ogni neonato attraverso un rituale che viene fatto nel mese di gennaio.
Una visione mostrerà ciò che il neonato o la neonata tiene que cumplir in questa vita, ossia, ciò che è destinato o destinata a portare a termine in questo mondo. Lo sciamano aveva già predetto che Lorenza sarebbe stata una curandera. E così è stato.