Halex flu

WJ #90

Estremo sud d’Italia, baricentro del Mare Nostrum, crocevia di popoli, mercanti e galeoni, cuore pulsante della Magna Grecia: è qui che l’Halex flu, linea di confine tra le antiche Repubbliche di Locri e Reggio, navigabile nel suo ultimo tratto, ricoprì un ruolo strategico per l’ellenizzazione dell’intera vallata dell’Amendolea

Spina dorsale dell’area grecanica (in cui esiste ancora il greco di Calabria), dal cuore dell’Aspromonte la fiumara discende per 38 km sfociando nel mar Ionio. Nasce come torrente nei pressi della diga del Menta, il suo maggiore affluente, arricchito dalle cascate omonime, trasformandosi in fiumara quando incontra la frana Colella, punto in cui il suo letto raggiunge la massima apertura che arriva a misurare 500 metri.

Percorrere i sentieri che fiancheggiano l’Amendolea, oltre che godere di viste mozzafiato e bellissimi paesaggi, è come fare un viaggio a ritroso nel tempo. Risalendo dalla foce alla sorgente le suggestioni da cui si viene avvolti sono via via maggiori; dai ruderi dei mulini sulle rive della fiumara, ai resti dell’antico castello Ruffo, dalle rovine di abitazioni rurali ai muretti di sostegno dei terrazzamenti, a testimonianza delle trasformazioni del territorio e del suo successivo abbandono. Emblema di questo processo è il borgo di Roghudi Vecchio, arroccato su una rupe a 600 metri sul livello del mare, disabitato a seguito delle alluvioni degli anni ’70 ma che rimane attaccato al suo passato.

Camminare nei suoi viottoli ed entrare nelle case dove vi sono ancora scarpe e vestiti accanto al letto, stoviglie in cucina e documenti nei cassetti, suscita un mix di sensazioni che riportano alla vita di cinquant’anni fa, a una società che resiste nei ricordi degli anziani: la sua gente vive ora più a valle, nel paese nuovo, a ridosso della S.S.106. Il destino di Roghudi è legato a quello di altri paesi dello stesso territorio, annullati da calamità naturali e ricostruiti altrove. La vita e l’identità di questo popolo non si è però fermata.

C’è chi sceglie di viverla attivamente questa terra, e sceglie di raccontarla. Come Francesco, che con le escursioni organizzate dal suo gruppo archeologico ti accompagna lungo i sentieri dell’Amendolea e, con passione e smisurato entusiasmo, ti coinvolge nella storia antica di questo territorio, quella stessa storia raccontata da Strabone, Tucidide, Plinio il Vecchio, il Barrio. C’è poi chi come Ugo, con la sua azienda agrituristica, promuove il territorio con attività che valorizzano il patrimonio agricolo e culinario.

Due esempi questi che entrano a far parte della rete di turismo sostenibile che si sta sviluppando in quest’area. Un “turismo lento”, a piedi, con ospitalità diffusa e la collaborazione con le comunità locali.

Roghudi e Brunori Sas: il paese fantasma che rivive nella musica

di Cristina Giuntini

A vederlo così, abbarbicato a uno sperone di roccia, come se le sue case si stessero reggendo con le unghie e la forza della disperazione per non cadere di sotto, sembra impossibile che Roghudi sia diventato un paese fantasma a seguito di due terribili alluvioni.

Invece è proprio questa la sua storia: quella di un paese abbandonato a causa di una natura inclemente che adesso rivive nelle note e nelle parole di un cantautore che l’ha elevato a simbolo delle proprie radici e delle proprie paure.

Succede a molti paesi e città: quando la parte antica, di solito collocata più in alto rispetto a quella nuova, si spopola o si svuota del tutto a favore di quest’ultima, le viene dato l’appellativo di vecchia in aggiunta al proprio nome. Così, da più di quarant’anni, il nome completo del borgo fantasma è Roghudi Vecchio.

Il paese si trova in Aspromonte, proprio al centro della Fiumara Amendolea che tanti guai gli ha causato. A poca distanza, ma al sicuro dalle intemperanze della fiumara, è stato costruito il nuovo paese di Roghudi voluto nel 1971 dal Sindaco Angelo Romeo per tutelare la sicurezza dei cittadini. Roghudi Vecchio si trovava infatti in una

posizione estremamente pericolosa, esposto a una sinistra collaborazione fra piogge abbondanti e la costante minaccia della fiumara. Durante i secoli le tracimazioni della fiumara e le conseguenti inondazioni del paese erano state all’ordine del giorno.

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Il reportage

Scheda autore

Gianluca Meduri

Fotografo professionista. Gli studi accademici lo portano a concentrare la sua ricerca sulla fotografia documentaria, indagando con un occhio più critico e attento il territorio, e in particolar modo il paesaggio antropizzato. Dal 2016 frequenta corsi di alta formazione (Bluocean s.r.l.) patrocinati dal National Geographic e vede la sua collaborazione con LEspresso e D di Repubblica

Fotocamera: Fujifilm X-T2
Obiettivo: Nikkor Fujinon 23 f/1.4

English version

Halex flu

Photography by Gianluca Meduri

Story edited by Stefano Pontiggia

On the extreme South of Italy, crossroads of peoples, merchants and galleons, pulsating heart of Magna Grecia, the Halex flu, the boundary line between the ancient Republics of Locri and Reggio Calabria, played a strategic role for the Hellenization of the entire valley of the Amendolea

After a 38-kilometre path in the heart of the Southern Italian region of Aspromonte, the stream ends its run on the shores of the Ionian Sea. The backbone of the ancient Greek-speaking region of Bovesia, the little river rises from the Menta dam and turns into a flood when it crosses the Colella landslide. There, its width reaches 500 meters of amplitude.

Going down the footpaths that flank the Amendolea is not just enjoying breath-taking views and panoramas; it is also like making a journey into the past. From the ruins of mills placed on the banks of the river to the remains of the ancient Ruffo Castle, from the relics of rural dwellings to the small walls supporting the terraces; everything witnesses the transformations of the territory and its genuine dismay. As a symbol of this process, the town of Rughodi lies perched on a cliff 600 meters above the sea level. It was abandoned after the flooding in the 1970s, but remains close to its past; its inhabitants now live in the new town, down in the valley, but they do not forget their life on the cliff. The empty houses of Rughodi, with the shoes, clothes, and documents still at their place in the apartments, help them to keep their identity alive.

There is who, like Francesco, chooses to tell the land by organizing excursions and archaeological trips during which people encounter with the ancient story of the territory, that was recounted by notable Greeks and Romans like Strabone, Tucidide, Plinio il Vecchio, il Barrio. We can also find people like Ugo, who runs a farmhouse and is engaged in the valorization of the territory with its agricultural and culinary heritage. These are just two nodes of a network that is working to develop sustainable tourism in the area. A slow tourism, made on foot, based on widespread hospitality and the cooperation with the local communities.