Gagauzia
WJ #146di Pietro Romeo e Gianluca Pardelli
Testo a cura di Gianluca Pardelli
Identità, legami e memorie di una periferia europea sospesa tra Occidente ed ex Unione Sovietica;
Prima di costruire la casa, impara a conoscere il vicino – adagio gagauzo.
Gagauzia. I turchi russofoni della Moldova
La Repubblica di Moldova, stretta tra Ucraina e Romania, rappresenta un esperimento geopolitico le cui contraddizioni intrinseche si sono palesate nel contesto dell’attuale conflitto ibrido che si sta combattendo senza esclusioni di colpi tra l’Occidente e la Federazione Russa. Un tempo parte dell’impero zarista, poi unificata sotto il Regno di Romania e successivamente annessa all’URSS nei primi anni Quaranta, la Moldova ha ottenuto la sua inaspettata indipendenza nel 1991 come sorta di accordo diplomatico tra unionisti di lingua rumena e forze filorusse. Il compromesso per l’indipendenza non ha impedito, però, lo scoppio di una breve ma drammatica guerra civile combattuta tra il 1990 e il 1992 per il controllo della regione secessionista di Transnistria. La vittoria delle forze separatiste supportate da Mosca portò poi alla nascita di una repubblica filorussa non riconosciuta dalla comunità internazionale, ma de facto completamente indipendente dal governo di Chisinau. Dopo anni di oblio, la Transnistria è ora tornata al centro dell’attenzione mondiale come scomodo feudo del Cremlino tra una Moldova ormai allineata alla UE e un’Ucraina sostenuta dalla NATO. Il nodo gordiano della Transnistria non è però l’unica questione territoriale irrisolta di cui Chisinau deve preoccuparsi. Nel sud del paese si estende, infatti, una regione meno conosciuta ma dal potenziale altrettanto critico per gli sviluppi geopolitici del sudest europeo: la Gagauzia, un’unità amministrativa autonoma la cui creazione su base etnica risale agli anni turbolenti che seguirono la dissoluzione dell’ex URSS, quando un puzzle di nuovi Stati improbabili e confini confusi emerse dalle ceneri di quella che un tempo era stata la seconda superpotenza del pianeta. I gagauzi sono cristiani ortodossi parlanti una lingua simile al turco e culturalmente affini agli azeri del Caucaso e ai tartari di Bulgaria. La stragrande maggioranza dei gagauzi ha una scarsa conoscenza del rumeno e vede l’integrazione della Moldova nella UE come un malcelato tentativo di consegnare l’ex repubblica sovietica alla Romania. In Gagauzia il russo è ancora ampiamente utilizzato come unica lingua franca per le comunicazioni interetniche e ufficiali – il gagauzo è invece relegato all’ambito famigliare – e la Russia è percepita come garante di pace, stabilità e diritti per le minoranze etniche non rumene. La presenza militare russa nella vicina Transnistria è una fonte di rassicurazione per i gagauzi: se le cose inizieranno a precipitare, la Russia sarà lì per proteggere anche la Gagauzia. La Chiesa ortodossa gagauza mantiene forti legami con i monasteri russi e transnistriani, mentre le stazioni radio e televisive locali trasmettono prevalentemente in lingua russa e le onnipresenti statue di Lenin si ergono ancora orgogliose in ogni singola cittadina. L’Unione Sovietica è difatti spesso ricordata come un paradiso perduto, una confortante memoria di sicurezza e stabilità in contrasto con il presente sospeso di una società che fatica a trovare un suo equilibrio tra le opposte ambizioni per un futuro ancora molto vago.
Il reportage
Scheda autore
Pietro Romeo e Gianluca Pardelli
Gianluca Pardelli è un fotografo, autore e flâneur italiano residente a Berlino. Ha dedicato la sua intera esistenza all’ex Unione Sovietica. Non se n’è ancora pentito. Nonostante tutto.
Pietro Romeo è un fotogiornalista collaboratore dell’agenzia Parallelozero. Nel corso degli anni ha pubblicato reportage in magazine nazionali e internazionali quali Die Tageszeitung, Specchio, La Stampa, Donna Moderna, Famiglia Cristiana, Rhythms Monthly, InsideOver, Il Reportage, Geographical Magazine, Vice Deutschland, Doppelpunkt, The New European, Ny Tid.
Fotocamera: Canon 5D Mark IV; Canon 5D Mark III
English version
Gagauzia. The Russian-speaking Turks of Moldova
Photo by Pietro Romeo and Gianluca Pardelli
Text by Gianluca Pardelli
The Republic of Moldova, squeezed between Ukraine and Romania, represents a geopolitical platypus, whose inherent contradictions have become increasingly relevant in the context of the ongoing hybrid conflicts gripping the post-Soviet space. Once part of the Russian Empire, then unified with the Kingdom of Romania and subsequently reannexed by the USSR in the early 1940s, Moldova gained its unexpected independence in 1991 as a sort of diplomatic settlement between Romanian-speaking unionists and pro-Russian forces. The independence compromise for the greater good couldn’t prevent the breakout of a brief but dramatic civil war, though. Between 1990 and 1992 a series of armed clashes were fought to wrestle the control over the renegade Republic of Transnistria, which now exists as a de jure internationally unrecognised but de facto self-governing statelet under the aegis of the Russian Federation. After years of total oblivion, Transnistria is once again at the forefront of the world’s attention, as the presence of a Kremlin-guarded Russian-speaking fiefdom clutched between an increasingly EU-aligned Moldova and a NATO-supported war-torn Ukraine is strategically critical both in political and military terms. The Transnistrian gordian knot isn’t the only territorial issue Chisinau needs to be concerned about, though. Down south, where the barren Bessarabian steppes roll, lies a lesser known and yet almost equally troublesome region. Partially self-governing Gagauzia, a 190-square-mile geopolitical oddity entirely located within the borders of the Republic of Moldova, dates its creation to the sweeping and often turbulent years of bedlam that followed the dissolution of the former USSR, when a puzzle of newly independent states and jigsawed boundaries rose to light from the confused ashes of what once was the world’s second superpower. The Gagauz are Turkic-speaking Orthodox Christians. The vast majority of Soviet-bred Gagauz have little to no knowledge of Romanian and see a Moldovan integration into the EU as a concealed attempt to surrender the former Soviet republic to a complete Romanian hegemony. In Gagauzia Russian is still widely used as the sole lingua franca for interethnic and official communication – Gagauz being instead the language spoken at home – and Russia is still perceived as a guarantor of peace, stability, and rights for non-Romanian ethnic minorities. The Russian continuous presence in neighbouring Transnistria is a reassurance for the Gagauz: if things will start to fall apart, Russia will be there to protect Gagauzia too. The local branch of the Orthodox Church maintains strong connections with both Russian and Transnistrian monasteries, while local radio and TV stations mostly air Russian-language broadcasts and omnipresent Lenin statues still stand proud in every single Gagauz town. The Soviet Union is, indeed, often remembered as a sort of paradise lost, a comforting memory of uneventful safety and stability, while the present society still struggles to find a balance between the unsettling advance of an uncertain future and a lingering sense of belonging to something that has not passed yet.