Duende, spirito gitano
WJ #89Si ritrovano ogni anno a maggio su un nastro di terra benedetta stretta tra cielo e mare per festeggiare la loro santa patrona, anche se santa non è. In camper, roulottes, carri trainati da cavalli percorrono anche centinaia di chilometri da ogni punto d’Europa fino a S. Maries de la Mer, nel sud della Francia.
Sono migliaia di uomini, donne e bambini di etnia romanì: Rom, Kalé, Gitani, Sinti, Manouche, Romanichals, Romanisæl ma anche Bohemiens, Jenisch, Pavee, Tattaren.
Ovunque in Europa sono stati (e in molti casi continuano ad essere) ai margini della società, discriminati come ladri, truffatori, rapitori di bambini, accusati di spionaggio, stregoneria, di essere creature diaboliche e spaventose. Ma qui no: per alcuni giorni all’anno les Gens de Voyage sono le benvenute, accolte come sorelle e fratelli ritrovati. Dal nulla, sulla rena, per le strade, nei parcheggi sorgono all’improvviso accampamenti popolati da centinaia di persone. L’anno scorso 25 mila. E’ un pellegrinaggio di un’intera nazione ma è anche il pretesto perché amici si ritrovino, nuclei famigliari si rincontrino, si celebrino battesimi, matrimoni, alleanze. Un importante capo-tribù è omaggiato di una bellissima fanciulla dai tratti indiani, quelli della lontana terra da cui ha probabilmente origine il popolo zingaro.
Dappertutto saltano all’occhio i simboli religiosi e soprattutto le effigi di Sainte Sarah, la patrona mai riconosciuta dalla Chiesa ma acclamata dalla gente gitana che per lei suona e balla a ogni ora.
Miguel canta incessantemente per due giorni e due notti davanti ai suoi famigliari riuniti che si avvicendano alle chitarre. Si è di fronte ad una familia cantaorasduende, al miracolo della tradizione orale di un’arte. E’ qui che è possibile percepire il duende, lo spiritello maligno richiamato dal mistero, dalle voci, dal ritmare delle mani. E’ lo stesso che abita la grande processione di Sainte Sarah in cui si intessono religione e magia: negli occhi dei fedeli le fatiche, l’orgoglio e le speranze di un intero popolo.
Cerimonia religiosa e cante sono due facce della stessa medaglia, due vie per la più primitiva delle catarsi.