Dove la luce d’Europa si spegne
WJ #113La civiltà è come un sottile strato di ghiaccio su un profondo oceano di caos e oscurità.
(Werner Herzog)
“Lo scorso inverno l’elettricità è andata via per due settimane. La notte era molto freddo e per scaldare l’acqua dovevamo bollirla. La batteria del mio telefono si era scaricata. Ma quando ho provato a raccontare la situazione ad un amico in Senegal, lui non mi credeva. Non è possibile – mi ha detto- in Europa non esistono posti senza luce!”
Il progetto Dove la luce d’Europa si spegne nasce con l’intenzione di esplorare quei luoghi fisici ed esistenziali in cui si argina la speranza di una vita migliore in Europa, fondamento della traiettoria migratoria di migliaia di migranti di origine africana giunti in Italia nell’ultimo decennio. Visivamente e concettualmente organizzato intorno all’idea di (in)visibilità, il progetto nasce nell’insediamento informale di Borgo Mezzanone in provincia di Foggia e si interroga su quei luoghi nei quali la luce d’Europa, trasformandosi nel suo opposto, lascia spazio all’oscurità e al disincanto.
A causa delle politiche migratorie italiane ed europee, circa 500.000 migranti in Italia si trovano intrappolati in un limbo, deprivati di un riconoscimento giuridico e, di conseguenza, della propria esistenza. Secondo le stime di Medici per i Diritti Umani, sono almeno 10.000 i migranti che vivono in insediamenti informali e baraccopoli, di cui un’elevata percentuale è collocata nella provincia di Foggia. Sono luoghi di precarietà e sfruttamento, funzionali alla produzione del comparto agroindustriale italiano, che qui trova un ampio bacino di manodopera a basso costo. Borgo Mezzanone ospita, durante la raccolta dei pomodori nella stagione estiva, fino a 2500 persone. Nonostante la misura di “emersione dei rapporti di lavoro” approvata dal governo italiano a maggio 2020 abbia fatto esplicito riferimento agli abitanti degli insediamenti informali come principali destinatari della misura, questi saranno coloro con maggiore difficoltà ad accedervi.
Allo stesso tempo, gli insediamenti informali rappresentano una sorta di rifugio, uno spazio ‘sicuro’ nel quale provare, se non a vivere, almeno a sopravvivere. Tuttavia, a causa della loro natura “illegale”, l’esposizione mediatica ha spesso avuto conseguenze negative e la fotografia è percepita dalla maggior parte degli abitanti come un’intrusione, uno specchio indesiderato di ciò che è considerato come un fallimento del progetto migratorio.
La luce d’Europa forse esiste, ma, per molti, il buio è di gran lunga più sicuro.