Chi è Cufter?
WJ #138Panorami, vedute urbane, scene di strada da un Italia perduta di inizio Novecento.
Un archivio di preziose stereoscopie ci trasporta nelle atmosfere dei primi decenni del secolo scorso, attraverso l’occhio di un irredentista giuliano dall’identità (quasi) misteriosa.
Dall’esilio politico di Cufter – al secolo Carlo Coretti, nato nella Trieste asburgica del 1870 – prende il via uno straordinario viaggio che racconta il nostro paese attraverso una fotografia pionieristica, capace di coniugare l’estemporaneità di una street photography ante litteram all’indagine sul paesaggio culturale delle città italiane.
L’accento cade, infatti, proprio sulla dimensione del racconto, perché il taglio del lavoro svolto da Cufter è indiscutibilmente reportagistico, nel suo documentare il sorgere di una memoria storica per immagini che ci offre una finestra sui progressivi cambiamenti culturali e sociali del nostro paese tanto quanto sui drammatici eventi che l’hanno attraversato nel corso della prima metà del Novecento.
Attraverso queste immagini stereoscopiche – straordinariamente nitide per l’epoca ed evidentemente frutto di una meticolosa conoscenza tecnica – possiamo scoperchiare aspetti della nostra storia culturale e rintracciare le tappe dell’impetuoso passaggio del Novecento, come nell’immagine del Narodni Dom di Trieste, immortalato poco dopo il tristemente celebre incendio del luglio 1920.
Piazze, strade, ponti, monumenti, edifici civili, luoghi di culto diventano i soggetti di foto dimenticate in cui a riemergere non sono solo il tempo o i volti sullo sfondo di luoghi che possiamo ancora in qualche modo riconoscere oggi, ma veri e propri pezzi di Italia scomparsi o profondamente mutati.
Uno scorcio sulla terrazzina di via Coroglio a Napoli – luogo oggi abbandonato e segnato dall’incuria – condensa limpidamente quella tensione tra passato, presente e futuro che solo la fotografia sa restituire: i costumi di quelle che sembrano essere madre e figlia, al centro della foto, forniscono una testimonianza della vocazione turistica che questa zona aveva nell’Ottocento, mentre, sullo sfondo, tra Nisida e il Belvedere, l’avanzare della modernità industriale è intravedibile nei primi impianti dello stabilimento siderurgico di Bagnoli, che avrebbe fortemente segnato la storia operaia della città.
Ecco, dunque, che tanto di ciò che è perso può sopravvivere alla marea della Storia con la S maiuscola, laddove riaffiorano da memorie distanti luoghi distrutti o trasformati dagli eventi delle due guerre mondiali – tanto quelli accidentali (come nel caso di Piazza Grande a Livorno, Ponte Vecchio a Firenze, San Lorenzo fuori le mura a Roma, o dell’Abbazia di Montecassino, stravolti dai bombardamenti del secondo conflitto) quanto quelli politico-ideologici (tra cui il Monumento della dedizione di Trieste all’Austria, abbattuto dopo la Grande Guerra, o la statua equestre di Vittorio Emanuele II, rimossa da Piazza Maggiore a Bologna dopo la seconda).
E ancora, il prendere forma della nostra contemporaneità è documentato dalle immagini delle nostre città prima dei drastici stravolgimenti urbanistici e architettonici nei decenni post-bellici: da Piazza Missori a Milano a Piazza d’Aracoeli a Roma, passando per Ponte Reale a Genova, distrutto per costruire la sopraelevata.
La straordinaria capacità di attualizzare un recupero delle impronte e dei segni del tempo trascorso è qualcosa di indubbiamente connaturato al linguaggio fotografico e costitutivo della sua espressività. È per questo che i frammenti più affascinanti dell’archivio Cufter sono probabilmente quelli che articolano una meta-narrazione della memoria, un ricordo nel ricordo di ciò che è andato smarrito, sommerso dalla storia e che può tornare a vivere, aiutandoci a ricostruire, contestualizzare e analizzare i perché del nostro presente.