Cereso
WJ #131Anche se la gabbia è fatta d’oro, non smette di essere una prigione.
(Proverbio messicano)
Il Messico conta 298 centri penitenziari, tra i più violenti di tutto il mondo. In cento anni di storia carceraria messicana, le istituzioni hanno avuto finalità diverse. In alcune fasi della storia nazionale, una concezione morale del reato ha concepito il carcerato come un individuo degenerato da “correggere”. Dopo la riforma del 2008, le autorità hanno puntato sul reinserimento sociale e il rispetto dei diritti umani attraverso il lavoro, la formazione professionale, l’istruzione, la salute e lo sport.
Il carcere di Merida (conosciuto anche come Cereso – centro de Readaptación Social) è gestito dal prof. Francesco Javier Brito Herrera insieme ai professori Antonio Ramón Gonzáles Zetina e Alejandro Manuel Gonzáles Castillo. Dopo essersi dedicato per lungo tempo all’insegnamento di educazione civica nelle suole secondarie, Francisco ha ricevuto il suo primo incarico nel 1999 e ha sposato questo progetto pienamente.
Cereso ospita circa 1200 detenuti di cui 1180 uomini e 20 donne; i reati più comuni sono omicidio, abuso sessuale, violenza e “delitto contro la salute” (cioè, traffico di droga). Prima che subentrassero i tre gestori, il carcere versava in condizioni problematiche, con risse e aggressioni quotidiane tra i detenuti. Attraverso il dialogo e operazioni di sensibilizzazione, il direttore e i suoi collaboratori sono invece riusciti ad apportare modifiche sostanziali, organizzando attività (come lo sport e la scuola) capaci di promuovere una convivenza pacifica tra i detenuti,.
Il carcere è da anni un riferimento importante nello stato dello Yucatan. La gestione è svolta in conformità con le modalità stabilite dalla legge di esecuzione del Messico, ovvero: salute, istruzione, formazione al lavoro, sport, nel pieno rispetto dei diritti umani. I detenuti ricevono assistenza medica e psicologica, affinché riescano, con il tempo, a gestire eventuali atteggiamenti violenti, e hanno la possibilità di incontrare le loro famiglie due volte a settimana. Per quanto riguarda la manodopera, la gran parte dei detenuti è impegnata nella tessitura di amache, in altre attività di sartoria, ma anche nella cucina e nel giardinaggio. Sono loro impartiti corsi di inglese, elettronica e marketing, oltre a quelli di scuola primaria e secondaria, e si tengono regolarmente tornei sportivi.
Grazie a tutto questo, seppur con i suoi problemi, il carcere di Merida ad oggi è uno degli esempi più emblematici di reinserimento sociale, oltre ad essere il carcere meno violento di tutto il Messico. Si stima che un buon 60% dei detenuti, una volta scontata la pena, non vi fa più rientro.