Castanicoltori – Storia di una tradizione popolare
WJ #114Ricordare è importante.
La memoria è ciò che ci permette di conservare il senso delle cose, di ciò che facciamo, di ciò che costruiamo. Le tradizioni invece, sono lo strumento tramite cui permettiamo alla parte più tangibile della memoria collettiva di sopravvivere.
Antonello, Marco e Luca vivono a Montieri. Un piccolo paese toscano in provincia di Grosseto che conta circa 1170 abitanti (con le frazioni di Boccheggiano, Gerfalco, Travale). Come tutte le comunità montane, nel corso degli anni, ha dovuto fronteggiare in vari modi la migrazione della popolazione in età lavorativa mettendo in atto diverse iniziative.
Qui da diversi anni, i tre hanno ripreso la coltivazione delle castagne per la produzione di farina che in passato e per migliaia di anni ha rappresentato uno dei pochissimi alimenti di cui si nutrivano le persone del luogo trasformandola in pane o polenta. Il prodotto finale viene acquistato soprattutto dai GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) che si formano spontaneamente e di cui l’aspetto etico è il principio cardine.
Il processo di coltivazione, essiccazione e battitura è quello della tradizione. Un circuito ad emissioni zero che si autoalimenta (Economia del castagno) e coinvolge costantemente tutta la popolazione.
Montieri infatti, ogni anno ospita il “Premio Nazionale Farina di Castagne”,
organizzato dall’ Associazione Valorizzazione Castagna Alta Maremma e con la collaborazione tecnica di Condotta Slow Food Monteregio.
Nell’ultimo trentennio, la popolazione rurale della dorsale appenninica è diminuita del 40%.
Una delle cause è sicuramente il passaggio da un’economia di sussistenza a quella di mercato.
Questa realtà fatta di piccole comunità che vivevano quasi esclusivamente grazie all’auto sostentamento ha di fatto ceduto il passo alla seconda: Fondata invece sulla globalizzazione dei mercati, sulla rapidità della circolazione delle merci e sull’espansione dei consumi. La civiltà montana è stata così derubata della maggior parte dei suoi abitanti, delle proprie tradizioni, di tutti quei meccanismi sociali e lavorativi che la tenevano in vita.
Senza altri Antonello, Marco e Luca, presto o tardi, ci dimenticheremo di quando il castagno era “l’albero del pane”, di come si mantiene lento per 45 giorni il fuoco nel seccatoio, di come si può vivere a impatto zero.