Braceros

WJ #94

A buio fatto, nei baracconi dei bateyes, i braceros sognano il giorno in cui potranno tornare dalle loro famiglie ad Haiti. Solo pochi di loro ce la faranno

In seguito al picco di produzione degli anni ’70 il mercato internazionale dello zucchero subì un vero e proprio collasso economico. La Repubblica Dominicana, da una media annuale che superava il milione di tonnellate, si ridusse a produrne meno di 300 mila. Da qui il cambio di strategia e la scelta di affittare la quasi totalità delle piantagioni e delle raffinerie statali a multinazionali straniere (del monopolio oligarchico fa parte anche la famiglia Vicini, di origini italiane). Oggi però nei campi la manovalanza è ad opera di veri e propri schiavi: da oltre un secolo braccianti haitiani chiamati braceros raccolgono canna da zucchero tagliandola a mano con affilatissimi machete.

Molti di loro sono stati comprati o barattati, non hanno previdenze sociali, non percepiscono uno stipendio fisso, non usufruiscono di assistenza sanitaria e tanto meno potranno mai disporre dei soldi necessari per pagare il proprio riscatto. Provengono tutti dal confinante stato di Haiti, molti di loro non sanno né leggere né scrivere, nati e cresciuti in famiglie di schiavi arrivati dalla lontanissima Africa.

Ogni giorno, tra le quattro e le cinque del mattino, i braceros vengono prelevati dai ghetti dove vivono, chiamati bateyes, caricati su grandi autobus e trasferiti nelle piantagioni. Faranno ritorno solo verso le 19. Per l’intera giornata di lavoro restano sotto la supervisione di caporali armati di pistole e machete.

Ogni bracciante ha come unica risorsa energetica la canna da zucchero. Iniziano a succhiarla al mattino prestissimo per trovare la forza di affrontare una giornata lavorativa pesantissima: se riusciranno a tagliare, raccogliere e caricare una tonnellata di canna da zucchero otterranno la paga massima giornaliera, 2 euro.

A buio fatto, nei baracconi dei bateyes, i braceros sognano il giorno in cui potranno tornare dalle loro famiglie ad Haiti. Solo pochi di loro ce la faranno. Per tutti gli altri il resto della vita si consumerà tra l’odore dolciastro della canna da zucchero.

Il reportage

Scheda autore

Maurizio Faraboni

Nato a Novara nel 1972, dopo gli studi superiori decide di dedicarsi alla fotografia. Lavora in molti paesi dell’Africa seguendo un progetto di 10 anni sui malati di lebbra, ma anche in Medio Oriente, Europa dell’est, Sud America e Caraibi. Dall’aprile 2015 collabora con il Giornale.it. I suoi ultimi lavori riguardano la contaminazione ambientale in Repubblica Dominicana, dove la ditta canadese Barrick Gold sta estraendo oro da anni avvelenando i fiumi con mercurio e cianuro, e sugli schiavi haitiani comprati per tagliare canna da zucchero.

Fotocamera: Fujifilm X-Pro2 e X100T
Obiettivo: Fujinon 16-55mm

English version

Braceros

 

Photography by Maurizio Faraboni

Story edited by Antonio Oleari

 

In the dark, in the barracks of the bateyes, the braceros dream of the day when they can return to their families in Haiti. Only a few of them will make it

 

After the peak of production in the Seventies, the international sugar market suffered a real economic collapse. The Dominican Republic, from an annual average that exceeded one million tons, reduced itself to produce less than 300 thousand. Therefore a change of strategy took place and the government decided to rent plantations and refineries to foreign multinationals. Today in the fields the work is done by real slaves: for more than a century haitian laborers called braceros collect sugar cane by hand cutting it with very sharp machetes.