Attraversando i Balcani

WJ #120

“Nessuno può chiudere la porta del mondo. Le migrazioni sono come un fiume: se lo blocchi da qualche parte, l’acqua troverà un’altra strada”

(cit. Io sono confine di Shahram Khosravi)

Se lUnione Europea è il punto di arrivo per tutti i migranti sulla Rotta Balcanica, è in Bosnia-Herzegovina  che il 23 dicembre 2020, con l’incendio del campo di Lipa, i riflettori si sono riaccesi su un nodo da lungo tempo irrisolto. Nel paese sono infatti presenti 5 campi per richiedenti asilo, ma sin dalla loro apertura, la loro capacità è risultata insufficiente. Dei 7500 migranti attualmente presenti sul territorio, oltre il 50% sono uomini single di età media che varia dai 15 ai 30 anni. Mettendo continuamente in pericolo la loro vita, da anni attraversano illegalmente i confini ed ora si trovano bloccati nel cantone di Una-Sana, l’area più vicino al confine con la Croazia.

Prima dell’incendio, circa 2500 migranti orbitavano attorno al sovraffollato campo di Lipa, un luogo completamente sprovvisto di acqua corrente ed elettricità, posizionato al centro di una fredda e ventosa vallata e distante 30km dal primo centro abitato. Per chi ha deciso di rimanere, il governo ha lentamente installato delle tende militari che, con grande disagio, in parte hanno dato riparo dal freddo della stagione invernale. A causa dell’ostilità del luogo, la maggior parte dei migranti ha scelto di dirigersi verso i campi informali della città di Bihać. Edifici abbandonati in centro città o ripari di fortuna vicino al confine in mezzo ai boschi; in questi luoghi vivono tutt’ora centinaia di persone che aspettano che passi la stagione invernale per poter tentare nuovamente “the game”, “il gioco”.

La loro presenza significa aver fallito: in Italia, prima grande porta dell’UE, sono stati scoperti e rispediti a forza in Bosnia-Herzegovina, non senza prima aver subito furti e abusi fisici e psicologici, il primo dei quali è la completa negazione del fondamentale diritto umano di asilo, rifugio e protezione.

Eppure incredibilmente nessuno di loro si scoraggia al punto di arrivare a rinunciare al proprio viaggio. Ognuno, per motivi diversi, vuole raggiungere uno stato dell’UE e rimane aggrappato e focalizzato sul proprio obiettivo di vita e di morte: lavorare, tornare dalla propria famiglia, sperare in un futuro migliore e ritrovare una dignità negata, ma non ancora perduta.

Il reportage

Scheda autore

Matteo Placucci

Attraversando i Balcani 18

Matteo è un fotoreporter nato nel 1983. Inizia a fotografare nel 2017 quando, durante un viaggio durato 2 anni, sente l’esigenza di raccontare quel-lo che lo circonda e le storie delle persone che incontra. Empatia, sensibilità e ascolto sono le pietre miliari di una fotografia che si sta sviluppando giorno per giorno con lui. Problematiche sociali, politica, religione, ambiente. Questi alcuni degli argomenti che sovrappone al filo conduttore dei suoi progetti: la salute mentale e la sfera emotiva di chi incontra.

Fotocamera: Nikon D800 e Nikon D750
Obiettivo: 24mm f 2.8, 50mm f 1.8, 24-120mm f 4

English version

Crossing the Balkans

Photography by Matteo Placucci

Story by Matteo Placucci

Nobody can close the door to the world. Migrations are like a river: if you block it somewhere, the water will find another way”

(cit. from the book “Illegal traveller” by Shahram Khosravi)

The European Union is the arrival point for all the migrants on the Balkan Route. The Fire. occurred at the Lipa Temporary Reception Centre (TRC) on December 23rd 2020, put one more time under the spotlight a situation persisting for years. The country has 5 TRC for asylum seekers, but they were already at full capacity and clearly insufficient since the establishment. Over the 7500 migrants already on the territory, more than 50% of them are single men with an average age ranging from 15 to 30 years. Continually endangering their lives, they have been illegally crossing borders for years and are now, they are stranded in the Una-Sana Canton, the area closest to the Croatian border.

Before the Fire, about 2,500 migrants orbited around overcrowded Lipa TRC, a place completely devoid of running water and electricity, located in the middle of a cold and windy valley, 30km away from the first in-habited center. The government slowly installed military tents for whoever decided to stay, partly sheltering them from the cold of the winter season, although with huge discomfort. Due to the hostility of the place, most of them chose to go to the squatter camps around the city of Bihać. Abandoned buildings in the city centre or makeshift shelters in the woods near the border; hundreds of migrants live inside these places, waiting for the winter season’s passing to attend again the game.

Seeing them represented in these pictures means that every single time they tried to reach Italy, the first “useful” country of the EU, they were discovered and forcibly deported back to Bosnia-Herzegovina, suffer-ing the theft of all their belongings, physical and psychological abuse, and the denial of their rights as asy-lum seekers.

Despite this, none of them are discouraged to the point of interrupting their trip. Each of them, for different reasons, wants to reach an EU’s country. Each of them focuses on their own goal: to work, to go legally visit their family, to have a better future, to have dignity.