Amo “stare fuori”
WJ #125Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.
Henry D. Thoreau, Walden
Sono diverse le personalità che – durante la loro carriera e i loro studi – hanno sostenuto che la figura dell’abitante delle città, il cosiddetto Homo Urbanus, in un non definito momento della sua vita, avrebbe ricercato una ricongiunzione con la sua vera origine: la natura. Come Henry David Thoreau, che nel Walden teorizza un quasi necessario ritorno alla natura nella modernità. O come Martin Heidegger, che era solito ritirarsi nella sua capanna nel mezzo della Schwarzwald (la Foresta Nera) per scrivere le sue opere. E tanto forte era il suo legame con la natura, che il filosofo tedesco rifiutava offerte di lavoro in città, che lo avrebbero portato via da quel luogo magico.
E Michele è un Homo Urbanus. Classe 1984, decide di abbandonare un lavoro stabile, la sua città, le vecchie abitudini. L’autore, Luciano Baccaro, ci mostra per contro un Michele oggi diverso. Lo vediamo alla produzione del miele o mentre lavora il legno. È stanco, ma rilassato. Ha il volto concentrato sul lavoro, ma è felice. Il fotografo è riuscito a cogliere queste sensazioni contrastanti, che non sono altro che le due facce di una stessa medaglia. La storia di Michele è la storia di molti giovani (e non) che, stanchi della quotidianità urbana, della competizione economica e lavorativa, di un’oppressione personale e di una carriera inappagante, sempre più spesso decidono di tornare là dove si dovrebbe stare meglio: in natura. Però parliamoci chiaro: la natura potrebbe non risolvere quella parte di stato confusionale e il senso di smarrimento con cui noi animali sociali siamo destinati a convivere quotidianamente. Ma in natura possiamo concederci quel passo lento, o veloce, che noi decidiamo di avere, giorno per giorno.