Adios, Diego
WJ #117di Gianluigi Gurgigno
Testo a cura di Luciana Travierso
Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono com’ero io a Buenos Aires.
Nella tarda mattinata del 25 novembre 2020, all’età di 60 anni, è morto Diego Armando Maradona, considerato da molti il più grande calciatore di tutti tempi. Per Buenos Aires e per l’Argentina “el Diego” non era una persona qualunque, né semplicemente un calciatore famoso, bensì un uomo dalle molte contraddizioni che ha saputo sfidare a viso aperto il potere scegliendo sempre di stare dalla parte degli ultimi, non dimenticando le sue origini. Maradona è stato un idolo imperfetto e un simbolo di riscatto (era nato a villa Fiorito, una baraccopoli nella periferia sud di Buenos Aires) per i milioni di argentini che vivono in condizioni di povertà e che in lui si identificavano.
Cori da stadio, canzoni e balli sono stati i saluti dei porteños a Diego Armando Maradona, accorrendo spontaneamente all’Obelisco di Buenos Aires fin dal pomeriggio.La capitale argentina, stremata dal lockdown più lungo del mondo (iniziato a fine marzo e finito ai primi di novembre), sconcertata e incredula per la notizia, ha voluto esorcizzare la morte de El Pibe de Oro così, con una festa, con l’allegria e il coinvolgimento che solo lui poteva generare. Una moltitudine di persone si è moltiplicata e riversata poi in Plaza de Mayo il giorno successivo, in fila per ore sotto il sole cocente per l’ultimo saluto alla camera ardente allestita presso la Casa Rosada. La decisione di interrompere bruscamente gli ingressi da parte della polizia ha poi generato molto malumore tra la gente e reazioni violente delle forze dell’ordine, che hanno caricato arbitrariamente contro la folla con lacrimogeni e pallottole di gomma.
La celebrazione di Diego Armando Maradona ha avuto anche un’altra dimensione, più intima e raccolta, al di fuori dello stadio dell’Asociación Atlética Argentinos Juniors, la squadra del barrio de La Paternal in cui esordì il giovane Diego e che già da diversi anni aveva intitolato a suo nome la struttura sportiva. All’ingresso, gli omaggi della popolazione hanno dato vita ad un altare con palloni, oggetti vari, lettere e fiori. Attorno tutti e tutte in preghiera per dire addio a D10S.
Il reportage
Scheda autore
Gianluigi Gurgigno
Gianluigi Gurgigno (1982) vive e lavora tra Buenos Aires e Genova. Laureato in Scienze Antropologiche ed Etnologiche. Ex-ferroviere. Da quando vive in Argentina ha iniziato a documentare i reclami e i conflitti in relazione a differenti ambiti della società. In particolare, le grandi mobilitazioni popolari di fronte alla crisi economica, le lotte ai monopoli mediatici, il calcio come fenomeno culturale e politico, le questioni di genere. Ha pubblicato su diversi media, in Italia, Argentina e Brasile. Collabora stabilmente con “Il Manifesto”.
Fotocamera: Fujifilm X-Pro2
Obiettivo: 23mm f/1.2 e 18mm f/2.0
English version
Adios, Diego
by Gianluigi Gurgigno
Text by Luciana Travierso
I want to become the idol of the poor children of Naples, because they are as I was in Buenos Aires.
Diego Armando Maradona, considered by many to be the greatest footballer of all time, diedcin the late morning of 25 November 2020. For Buenos Aires and Argentina, “el Diego” was not an ordinary person, not simply a famous footballer, but a man of many contradictions who was able to challenge power openly by always choosing to be on the side of the least, not forgetting its origins. Maradona was an imperfect idol and a symbol of redemption (he was born in Villa Fiorito, a shanty town in the southern suburbs of Buenos Aires) for the millions of Argentines who live in poverty and who identified with him.
Stadium choirs, songs and dances were the greetings of the porteños to Diego Armando Maradona, who spontaneously flocked to the Obelisk in Buenos Aires since the afternoon. The Argentine capital, exhausted by the longest lockdown in the world (which began in late March and ended in early November), bewildered and incredulous at the news, wanted to exorcise the death of El Pibe de Oro in this way, with a party, with the joy and the involvement that only he could generate. A multitude of people multiplied and then poured into the Plaza de Mayo the next day, queuing for hours under the scorching sun for the last farewell to the funeral home set up at the Casa Rosada. The decision to abruptly interrupt the entrances by the police then generated much discontent among the people and violent reactions from the police, who arbitrarily charged the crowd with tear gas and rubber bullets.
Diego Armando Maradona’s celebration also had another dimension, more intimate and collected, outside the Asociación Atlética Argentinos Juniors stadium, the team in the barrio de La Paternal in which the young Diego made his debut and which for several years he had named the sports facility after him. At the entrance, the tributes of the population gave life to an altar with balloons, various objects, letters and flowers. All around everyone in prayer to say goodbye to D10S.