30 Beyond the green line

WJ #126

Beirut e il Libano a trent’anni dalla fine della Guerra Civile

Il 2020 ha segnato i trent’anni dalla fine della Guerra civile in Libano. In molte città gli edifici mostrano ancora i chiari segni del conflitto, ma si parla ancora poco di quel passato, che non rientra nemmeno tra i programmi di studio nelle scuole. La Green line era la linea del fronte che durante la guerra civile divideva in due la città di Beirut: a est la parte cristiana, a ovest quella musulmana. Entrambe, a loro volta, frammentate in diverse correnti religiose a cui facevano capo altrettante milizie.

Le cause della guerra furono molteplici e il suo protrarsi dal 1975 al 1990 è stato spesso prodotto da giochi di potere tra potenze straniere con interessi strategici nella regione. Tra i principali fattori vi fu la forte presenza di profughi palestinesi sul territorio libanese e di alcuni gruppi armati, primi fra tutti l’OLP – Organizzazione per la Liberazione della Palestina – vista come una minaccia dal vicino Stato di Israele che, nel corso della guerra, invase due volte il Libano causando in risposta l’intervento dell’esercito siriano. L’inasprimento delle antiche tensioni interreligiose durante la guerra portò inoltre alla creazione di milizie armate all’interno dei vari gruppi religiosi, e non solo.

Quindici anni di guerra fratricida hanno lasciato in eredità una capitale devastata, più di 150mila morti fra civili e militari e l’incremento della diaspora libanese. Per chi l’ha vissuta rimane una ferita aperta. Negli anni ciò ha impedito che all’interno della società libanese si verificasse la necessaria catarsi utile a superare le divisioni precedenti al conflitto e aggravate dal suo scoppio, per elaborare così il trauma collettivo della sua tragica memoria.

Luogo di sincretismo e di contrasto religioso, il Libano riconosce ufficialmente diciotto confessioni rappresentate nel sistema politico, organizzato su base confessionale. Le diverse cariche dello stato, infatti, sono ripartite a seconda del peso demografico e sociale di ogni confessione: il Presidente della Repubblica è cristiano maronita, il primo ministro sunnita e il presidente del parlamento è sciita.

L’alto tasso di corruzione diffusa a livello istituzionale e amministrativo ha portato il 17 ottobre 2019 quasi un terzo della popolazione a scendere in strada per protestare contro l’intero establishment politico. Le rivolte hanno portato alle dimissioni del primo ministro Saad Hariri, il 29 ottobre 2019, e un mese e mezzo più tardi alla nomina di un sostituto, Hassan Diab, considerato da molti parte integrante del nizam, il “sistema” che il popolo libanese cerca ancora di abbattere. Il risultato, aggravato dalle ripercussioni indirette della guerra civile siriana e dall’esplosione al porto di Beirut del 4 agosto 2020, è un paese sull’orlo della bancarotta, con una crescente tensione sociale e politica, con una disoccupazione giovanile del 37 per cento e tra i maggiori debiti pubblici al mondo.

Il reportage

Scheda autore

Andrea Ferro

30 Beyond the green line

Andrea Ferro è un fotografo italiano indipendente nato a Padova nel 1987. Laureato in Architettura, vive tra Germania, Italia e Medio Oriente. I suoi lavori trattano principalmente tematiche legate al reportage sociale e all’architettura. Rivolge particolare attenzione a temi sociali e urbani che si intrecciano nei suoi racconti fotografici. Per questo è interessato in progetti che gli permettono di approfondire la connessione tra esistenza umana e spazio costruito, mostrando gli aspetti di transitorietà, rivelando le diverse forme in cui individui e comunità interagiscono con lo spazio fisico in cui vivono. Da qui il suo impegno a raccontare storie legate al fenomeno delle moderne migrazioni umane. Nel 2019 è stato pubblicato il suo primo libro fotografico tratto dal reportage No promised land sulle condizioni di vita nelle strutture di accoglienza per migranti e rifugiati in Italia. Nel 2021 il suo progetto dal titolo Zaïm è stato premiato con il secondo posto ai Sony World Photography Awards nella categoria landscape. Attualmente collabora come freelance con l’agenzia fotografica americana Redux Pictures e con l’agenzia Hans Lucas.

Fotocamera: Canon Eos 5D Mark II
Obiettivo: Canon EF 24-105mm f/4 L IS USM

English version

Thirty beyond the green line

Photography by Andrea Ferro

Story edited by Andrea Ferro e Marika Ikonomu

2020 marked thirty years since the end of the civil war in the country. In many cities, buildings still show clear signs of the conflict. The Green line was the front line that divided Beirut in two parts: the Christians on the east, the Muslims on the west. Both split in a multitude of religious and belligerent factions.

The war lasted from 1975 to 1990 and was fueled by strategic regional interests of foreign powers. Several factors led to the outbreak of the conflict. Among them, the strong presence of the Palestinian refugees on Lebanese territory and some armed groups, such as the PLO – Palestine Liberation Organization, considered as a direct threat by the neighboring State of Israel that invaded Lebanon twice. During the war, the inter-religious tensions increased, leading to the creation of armed militias belonging to various religious groups.

Fifteen years of war left the capital devastated, produced more than 150.000 deaths and the increase of the Lebanese diaspora. The latter prevented the Lebanese society to deal with the collective trauma and the consequent catharsis, that helps overcome the divisions the conflict has amplified.

Thirty years later Lebanon is on the edge of bankruptcy, facing a dramatic economic crisis, with growing social and political tension and youth unemployment at 37 percent. The situation has worsened with the outbreak of the civil war in Syria because of the many refugees fleeing the country, and the huge explosion occurred in the port of Beirut in August 2020.