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WJ #111

“Come spesso accade, il male parte da una menzogna che nasconde o distorce la verità. Il termine “mina antiuomo” contiene questa bugia. Sembra anonimo, perché noi non siamo individuabili. L’uomo è una categoria generale, anonima, alla quale nessuno appartiene veramente, alla quale non vengono dati nomi specifici. Anche il termine soldato è anonimo, ma è più individualizzato. Ci si può innamorare di un soldato. Oppure si può piangere la morte di un soldato. Non è lo stesso con l’uomo. È semplicemente un termine statistico; è l’antitesi dell’individuo. Non implica né sangue, né arti rotti, né dolore, né amputazioni”.

John Berger   

Il bollettino di una guerra che non è ancora finita non può che continuare a salire, soprattutto quando il nemico è invisibile, sempre sveglio e non aspetta altro che un passo per poter sprigionare la sua forza. Le mine antiuomo sono state bandite da 20 anni con il Trattato di Ottawa, ma sono ancora tante, troppe, quelle nascoste sotto una zolla di terra in diverse parti del mondo. Ancora oggi ci sono paesi che non hanno firmato il trattato come Stati Uniti, Cina e Israele.

La Colombia sta uscendo da una guerra civile durata 60 anni tra le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, meglio conosciute come FARC, e l’esercito nazionale della Colombia. Un conflitto che ha lasciato ferite profonde che impiegheranno anni prima di essere dimenticate. Una di queste sono le migliaia di mine inesplose ancora in attesa della loro vittima.

I bollettini mostrano una conta anonima di chi non ce l’hanno fatta, del numero di persone a cui la mina ha tolto la vita. Nel suo reportage fotografico William Fernando Aparicio Camacho non nasconde la violenza disumana che provocano, ma si concentra sulla forza di chi riesce a rialzarsi, a guarire le proprie ferite e trovare una nuova spinta per vivere.

Le fotografie sono state scattate a vari eventi sportivi come “Lend your leg 11k” e “10k Heroes’ Race”organizzati per sensibilizzare la popolazione. Ad una gara, William ha conosciuto Luis Alberto Ninco, uno dei primi ad arrivare al traguardo. Nel 2012, il giorno prima del suo compleanno, Luis perse entrambe le gambe a causa di una mina. La sua disabilità ha cambiato il modo in cui viveva e, dopo un duro recupero, è diventato un atleta. Con la sedia a rotelle ha percorso i 500 chilometri da Cali a Bogotá per la liberazione dei rapiti dalle FARC e ha avuto l’occasione di conoscere il caporale dell’esercito colombiano. Ora ha ripreso a sognare e si allena per essere il miglior handcyclist.

Gli Accordi di Pace del 2016 sono l’inizio di un percorso per la Colombia, una via d’uscita per il suo popolo dalle paure del conflitto. La speranza di un futuro in cui i campi sono seminati d’armonia e le persone rispettino la vita, sono più che mai vive.

Il reportage

Scheda autore

William Fernando Aparicio

Bozza automatica 355

Nato a Bucaramanga, Colombia, nel 1985, William Fernando Aparicio è un artista e fotografo colombiano. Trasferitosi a Milano nel 2019, nel 2008 si è laureato in Arti Plastiche presso l’Università Nazionale della Colombia. Due anni dopo si è laureato come specialista in fotografia e nel 2017 ha conseguito il Master of Fine and Visual Arts presso la stessa università. William ha lavorato come professore di immagine digitale, fotografia e arte in diverse università di Bogotà per 8 anni, ha anche sviluppato una carriera come artista e fotografo, ha realizzato diverse mostre individuali del suo lavoro e ha partecipato a più di 40 mostre collettive. Ha ricevuto diversi riconoscimenti accademici e professionali. Artista multidisciplinare, il suo lavoro riflette sulle diverse possibilità di ricerca del dispositivo fotografico. Egli afferma: “Attualmente viviamo in un ecosistema di iperproduzione di immagini connesse a Internet, l’esperienza umana è stata digitalizzata, che lo vogliamo o meno siamo parte della rete, siamo informazioni sotto forma di dati”. Nei suoi progetti come fotografo, il suo interesse principale ruota intorno alla natura umana, si interessa ai ritratti, alle persone e alle storie uniche

English version

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Photography by William Fernando Aparicio

Story edited by William Fernando Aparicio

“As is often the case, evil starts from a lie that hides or distorts the truth. The term anti-personnel mine contains that lie. It sounds anonymous, because you and I are not “personnel” in this sense. Personal is a general, anonymous category to which no one really belongs, to which no one is given specific names. The term soldier is also anonymous, but it’s more individualized. You can fall in love with a soldier. Or you can mourn the death of a soldier. It’s not the same with “personnel”. It is simply a statistical term; it is the antithesis of the individual, of the particular. It implies neither blood, nor broken limbs, nor pain, nor amputations.”

John Berger    

Anti-personnel mines do not differentiate between civilians and combatants, their mechanism endures over time, to such an extent that their action transforms them into a hidden monster that does not disappear with the end of the armed dispute; sadly, the fields become mined territories that take the lives of innocent people even many years after the combat. The Project 10682 11073 11406 started in the year 2014, when the number of victims was 10682. As a Colombian, I deeply hope that this figure will at some point stop. The photographs arise around various sporting events such as the “Lend your leg 11k” race and the “10k Heroes’ Race”. I took the photographs in Medellin and Bogota where I met life stories with a strength, courage and dignity worthy of my deepest admiration.

I met Luis Alberto Ninco in Medellin. He was one of the first to arrive at the competition, his wife accompanied him and lovingly took care of the details before the race, which for Ninco, would be run in the Handcycle modality. That day, he told me how his condition of disability resulting from violence changed his way of life and now he is devoted to sport. He told me that in his wheelchair he has done things he would never have imagined, such as running many kilometers asking for the release of the kidnapped people. I met Sergio Minas in Bogota. He is a lance corporal in the Colombian National Army. On January 23, 2012, one day before his birthday, in the department of Nariño, he unfortunately stepped on an anti-personnel mine. Sergio lost his legs but not his ability to continue dreaming, his recovery has been a very hard process for all his family but thanks to the strength and unity of his parents and brothers, he has become a sportsman who trains tirelessly to be the best in Handcycle.    

The fight against the use of anti-personnel mines is an exciting story that includes a Nobel Peace Prize and a pact between 156 nations known as the 1997 Ottawa Treaty, formally called the “Convention on the Prohibition of the Use, Stockpiling, Production and Transfer of Anti-Personnel Mines. Thirty-seven states have yet to sign the treaty, including major arms producers such as China, the United States and Russia. In recent years, different governmental and civil organisations (the Presidential Programme for Integral Action against Mines -Paicma-, of the Vice Presidency of the Republic, UNICEF, the United Nations Development Programme -UNDP-, the OAS, the Fundación Arcángeles, the Matamoros Corporation and many more) have been developing reparation projects with victims. It is worth mentioning the “Remángate” campaign carried out since 2011 and promoted by the Colombian Arcángeles Foundation, which asks people to roll up their pants in solidarity with the victims of anti-personnel mines, a simple symbolic gesture that has become a powerful dissemination strategy; this happens on the International Anti-Personnel Mine Awareness Day commemorated since 2005 every April 4th. 

The photographs of the project are articulated as a photo essay that tells how, despite the adversities of war, the victims manage to get up every day to continue running through life. Nothing can break the desire to continue living and the lives of the people portrayed are a great example of reconciliation. Our country has deep wounds produced by the conflict, but the time has come to heal, recovery is a long and arduous task that involves all members of society. More than 60 years of war are enough to understand that no one wins with war, the only possible way is reconciliation between the different actors in the conflict, which is the primary goal of all Colombians. On September 26, 2016, the Peace Accords were signed between the government of Juan Manuel Santos and the FARC. We Colombians hope to live in a country in peace where we can enjoy every corner of the national geography without feeling fear, we deeply wish that our children grow up in fields sown with harmony and respect for life.