di Giulio Di Meo
Un libro dedicato ai bambini, fondato su un trinomio dalla preziosa funzione comunicativa ed evocativa: fotografie, cibo e storie. Il cibo, imprescindibile per l’esistenza umana, ha anche un rilevante valore simbolico e relazionale. Tutto si dice attraverso il cibo. Ci permette di comunicare messaggi, emozioni, tradizioni.
Tutto ha inizio con un’idea che ha ispirato una foto, che poi è diventata un progetto “Articolo 27” sui diritti dell’infanzia, dando infine vita a questo libro di fotografie e storie per bambini. L’autrice Sara Masella è un’assistente sociale con una grande passione per la fotografia, coltivata presso il Circolo Fotografico Il Castello di Taranto. Quest’anno con il lavoro “Articolo 27” è arrivata in finale al concorso fotografico Portfolio Italia 2016.
Nel libro Scatti da mangiare le immagini stimolano il soggetto ad entrare in rapporto con sé stesso e con l’altro. Il libro è suddiviso in tre sezioni: Diritti dell’infanzia, dedicata alla Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia. In ogni scatto è rappresentato un diritto, attraverso il cibo ed un elemento materiale legato al mondo dei piccoli.
Scenari immaginari, è la parte del libro in cui si può sognare e far viaggiare la fantasia, dove tutto diventa possibile. Esplorare un sistema solare di agrumi, bagnarsi in un fiume di melograno, riposare all’ombra di alberi di fragole, passeggiare in un bosco di broccoli, ammirando all’orizzonte uno spicchio d’arancia al tramonto.
Storie di vita, dimostra che non sempre ciò che appare difficile e complicato, ha bisogno di paroloni e lunghi discorsi per essere spiegato. Attraverso oggetti semplici e comuni, come la frutta e la verdura, si affrontano, con leggerezza e semplicità, temi impegnati e complessi, quali la solitudine della vedovanza, il disagio dell’anoressia e il miracolo della vita.
Riguardo la strutturazione del libro, l’autrice commenta: “Tutto il lavoro, ed in particolare quest’ultima sezione, è ispirato dal mio ruolo di mamma ed educatrice che sperimento quotidianamente con i miei figli. Ho avvertito l’esigenza di creare queste immagini e le relative filastrocche, quando mi sono trovata a dover affrontare le questioni esistenziali poste dai miei bambini, sulla vita e la morte. Ho voluto realizzare questo lavoro per i miei figli, provando a pensare come loro, anzi, ho fatto di più, questi scatti li ho costruiti con loro. Sono stati i miei interlocutori preferiti e i miei principali critici fotografici in questo progetto, perché parlavamo la stessa lingua. Il risultato è stato un lavoro che piace tanto a tutti i bambini perché risulta intuitivo, di facile interpretazione e stimolante per la loro fervida fantasia”.
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