Saturazione, una convivenza impossibile

Nell’ambito della manifestazione ART CITY - Arte Fiera 2020, Sabato 25 gennaio alle ore 20,15 nello spazio QR Photogallery verrà inaugurata la mostra "Saturazione – una convivenza impossibile" con le fotografie di Ivano Adversi e le cianotipie di Laura Bertazzoni

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di Giulio Di Meo

Saturazione – una convivenza impossibile

Una mostra realizzata con le fotografie di Ivano Adversi e le cianotipie di Laura Bertazzoni, a cura di Cristina Berselli, promossa da Associazione TerzoTropico e QR Photogallery in collaborazione con Witness Journal e AUSL di Bologna.

Si parla molto e si mostrano spesso gli effetti deleteri per il pianeta dell’uso delle materie plastiche, in particolare per le difficoltà e l’incuria nello smaltimento.  La maggior parte della comunicazione è relativa all’inquinamento irreversibile per corsi d’acqua, oceani e per le creature che li abitano. Numerose sono le iniziative culturali e artistiche in merito. Molto meno si insiste sugli effetti dannosi delle plastiche sulla terra ferma e sui suoi abitanti, animali e vegetali. Il non sentirsi direttamente parte in causa rischia di  provocare il senso della non urgenza di intervento per le persone che abitano territori lontani dal mare.

L’obiettivo del progetto SATURAZIONE – una convivenza impossibile non è tanto quello di documentare puntualmente quanto accade con un reportage classico, quanto quello invece di provocare il visitatore con immagini costruite,  per quanto inerenti alla realtà.

Nella sua presentazione, Letizia Rostagno scrive:

…Non è facile metter in piedi un percorso come quello qui presentato, che ambisce a essere nello stesso tempo mostra e manifesto di denuncia. E bisogna essere altresì molto coraggiosi oggi a voler attirare l’attenzione su un tema così importante con mezzi ed espressioni di bellezza, eleganza e qualità, quando nemmeno più grida, strepiti e il gusto più becero sono in grado di farlo.  Oggi che la qualità sembra più un titolo di demerito che di merito. Per fortuna questo sembra aver spronato i due bravissimi autori, piuttosto che demotivarli.

Ciò che hanno tentato è un interessantissimo esperimento, messo in atto attraverso diversi meccanismi. Dando un ulteriore senso alla “Saturazione” del titolo e con lo scopo di catturare l’attenzione dello spettatore, hanno utilizzato il mezzo, la fotografia, saturandolo di technè (intesa sia come fare che come tecnica). Le bellissime fotografie di Ivano sono state elaborate digitalmente a livello coloristico per essere in seguito oggetto di collage fotografico con la sovrapposizione degli scatti di plastiche fatti da Laura. Il risultato è stato stampato su carta da incisione e rielaborato, ancora da Laura, con la cianotipia. 

Meditata anche la scelta delle immagini. Non esistono immagini che parlano da sole e il riconoscimento di ciò che rappresentano dipende dalla condivisione fra autore e spettatore sia di informazioni rispetto a un dato soggetto sia di codici. In questo caso la fotografia si fa forte della propria credibilità come oggettivo mezzo di verità, o così percepita. Sia gli animali, la natura che le plastiche sono stati fotografati nella loro verità. E dunque queste immagini assolvono a uno degli scopi dell’immagine che è quello informativo.

Saturazione, una convivenza impossibile

D’altra parte giocano con un codice acquisito della cultura occidentale che ascrive a tutto ciò che è selvaggio la qualità del naturale al massimo grado, dell’incontaminato. Perciò la scelta di utilizzare principalmente scatti di animali selvaggi. Sull’abbinamento natura selvaggia e plastica si attiva un’altra delle funzioni delle immagini: quella evocativa. Siamo, ahinoi, abituati a vedere rifiuti e plastiche abbandonati un po’ dovunque tanto nelle città che nella natura vicina a noi (mare, montagna, campagna). Riconoscerle in un contesto selvaggio ci costringe a un esercizio di immaginazione per evocare e dare significato a ciò che ci viene proposto.

L’evocazione dipende dall’informazione già disponibile, si basa su informazioni già acquisite, sollecita la memoria di cose conosciute. Ma il potenziale evocativo delle immagini non può fare a meno dell’elemento dell’immaginazione che è lo sforzo alla ricerca di significati, di cui la nostra mente è avidissima. Su questo puntano gli autori. Ci chiedono di immaginare una situazione, che per fortuna e forse ancora per poco, non fa parte del nostro immaginario acquisito.

Soltanto di fronte all’inconsueto e al non congruente ci rendiamo conto dell’elemento enigmatico della rappresentazione e fermiamo la nostra attenzione. Ed è quello che succede di fronte a queste immagini. Proviamo la strana sensazione che nonostante l’apparenza tutto sommato confortante della normalità, ci sia qualcosa di sbagliato. Pur riconoscendo i singoli elementi è l’intera configurazione che ci appare “strana” e richiede la nostra attenzione e uno sforzo d’immaginazione, di apertura della visione.

Senza essere sensazionalistica e gridata, questa mostra chiama in causa, in modo subliminale e non, la parte migliore e sopita di ognuno di noi oltre ad offrirci  immagini di grande eleganza e bellezza. Forse che la bellezza riuscirà, nonostante lo scetticismo di molti, a salvare il mondo?