di Antonio Lupo | Comitato Amigos Sem Terra MST Italia
La COP 24 in Polonia è stato un fallimento completo, scontato, ma desolante. Le conclusioni non hanno accolto gli allarmi dell’IPCC sugli effetti del riscaldamento globale e i pochi anni che restano all’umanità per cambiare radicalmente direzione e “Salvarsi con il pianeta”, come dicono dal 2010 alcuni movimenti latinoamericani.
A confortarci e darci speranza è arrivato il 14 Dicembre 2019 il discorso della quindicenne svedese Greta Thunberg ai partecipanti alla COP 24, che concludeva dicendo “Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Il vero potere appartiene al popolo”.
Greta ha poi replicato davanti ai “potenti della Terra” del Forum di Davos il 22 gennaio 2019 affermando: “Non voglio la vostra speranza, voglio che siate in preda al panico e che agiate. Perché la nostra casa, la Terra, sta bruciando”. Da allora “scioperi climatici”, School Strike for the Climate, manifestazioni di migliaia di giovani si svolgono ogni venerdì in tutta Europa, con lo slogan Fridays for future (“venerdì per il futuro”), in vista del Global Climate Strike, la Marcia internazionale per il Clima del 15 marzo 2019.
Per ritrovare anche noi, almeno la rotta, abbiamo bisogno di un minimo di analisi in comune. Per spiegarmi voglio fare alcune considerazioni su come vengono analizzate e classificate le cause delle emissioni globali di gas serra e il conseguente riscaldamento globale, “La Grande Cecità” dell’umanità, una definizione di Amitav Gosh sempre più diffusa e condivisa.
CHI EMETTE GAS SERRA
Prima di COP 24 sono uscite le previsioni (rapporto Global Carbon budget 2018) sui dati di gas serra emessi nel 2018, un aumento record a 37,1 milioni di Tonnellate (+ 2,7%), a cui si devono aggiungere 5 miliardi di tonnellate di CO2 per la la deforestazione e il consumo di suolo.
I 10 maggiori Paesi per emissioni nel 2018 sono 1) la Cina con il 27% del totale, 2) gli Stati Uniti 15%, 3) la UE a 28 con il 10%, 4) India 7%, 5) Russia, poi Giappone, Germania, Iran, Arabia Saudita, Corea del Sud e Canada.
Ecco i dati aggiornati per il 2017 del Report “Fossil CO2 emissions of all world countries” Joint Research Centre (Jrc) della Commissione Europea.
Emissioni 2017 CO2 procapite negli Stati principali
- 1 – USA circa 15 Ton./pro capite / anno
- 2 – Russia 12,3 Ton./pro capite / anno
- 3 – Giappone 10,4 Ton./pro capite / anno
- 4 – Cina 7,7 Ton./pro capite / anno
- 5 – UE 28 7,0 Ton./pro capite / anno
Questi dati procapite vengono raramente divulgati, mai richiamati e considerati come punto di partenza delle trattative nelle varie COP.
QUALI PRODOTTI SONO LA CAUSA PRINCIPALE DELLE EMISSIONI DI GAS SERRA
Numerose sono le classificazioni delle cause delle emissioni, ma praticamente tutte si basano sui SETTORI, sull’uso dei combustibili fossili nei vari settori. La maggior parte di esse concordano su: Energia ( industria, elettricità e calore) circa il 41%, Trasporti 28% circa, Agricoltura, allevamento e deforestazione 24%, ecc.
Alla COP 21 di Parigi 2015, Via Campesina Internazionale (VCI) si mobilitò, con un bellissimo slogan: “I piccoli contadini possono nutrire il mondo e raffreddare il Pianeta”. Era un’analisi e una proposta nata alla luce dei dati di GRAIN, per cui il “cibo industriale” è responsabile di circa il 44-57% dei Gas serra. Questo studio valutava i prodotti, non settori generici come industria o elettricità o trasporti, analizzava i percorsi di produzione, vendita e consumo, per cosa si usava l’elettricità , quali merci si trasportavano, ecc.
Si poneva al centro una battaglia globale contro l’agrobusiness delle multinazionali, con una alleanza dei piccoli contadini con i cittadini, per riconvertire agricoltura e allevamenti e produrre cibo sano, sostenibile e il più possibile locale. Era una lotta per la vittoria dell’Agroecologia, che significava l’obbligo di rifertilizzare la Terra, e bloccare da subito ogni altra deforestazione (soprattutto delle foreste pluviali di Amazzonia, Indonesia, Congo, ecc).
Si raccontava ai cittadini che la Terra fertile contiene 12 volte la quantità di Carbonio che c’è in atmosfera, un Carbonio che viene liberato in atmosfera, quando la terra viene uccisa dalle monoculture intensive dell’agrobusiness ( uso di pesticidi, fertilizzanti, irrigazione intensiva, allevamenti intensivi, allevamenti eccessivi sui pascoli, ecc ).
Alla base di tutto questo c’era un’idea decisiva: che i piccoli contadini, oltre a produrre cibo sano, devono curare e rifertilizzare la terra, in molti luoghi ormai poco vitale, erosa, secca e arida , anche per gli effetti del riscaldamento globale. Questa è la vera Economia circolare, ricollocare la CO2 nella Terra, non solo il riciclare i rifiuti, l’unico orizzonte della “green economy”. I piccoli contadini devono essere remunerati anche per questa cura indispensabile del Pianeta, pagaresolo la loro produzione di cibo non è sufficiente a farli sopravvivere. Nel 2015 a COP 21 Via Campesina è stata sconfitta.
A Katovice la partecipazione di tutti i movimenti è stata minore, ma è fondamentale riprenderlo, per una lotta globale per una reale mitigazione del surriscaldamento globale. Dire “Cambiamenti Climatici” è sempre e solo fuorviante, il Global Warming è l’incubo reale.
Nel documento della FAO, SOFA 2018 – Lo Stato dell’Alimentazione e Agricoltura – Migrazione Agricoltura e sviluppo rurale, si dimostra l’entità reale del problema: ben pochi sono i migranti internazionali e quelli che arrivano in Europa rispetto al miliardo di sfollati interni nei paesi in via di Sviluppo. Si parla anche di alcuni aspetti positivi della migrazione internazionale, ad es. le rimesse ai luoghi di origine. Si documenta il rapporto tra agricoltura e migrazioni (migranti rurali) e la situazione allarmante, soprattutto in Africa.
Ma nel testo si continua a proporre una modello di produzione di Cibo non naturale, si tralascia di parlare di desertificazione da monoculture, di espulsione violenta dalle terre per l’estrattivismo, di land e water-grabbing.
Secondo uno studio, condotto dal Global Cities Institute dell’Università di Toronto, sulle megalopoli del futuro nel 2050 l’urbanizzazione, oggi al 55%, arriverà al 68%. Secondo le orevisioni 2017 dell’ONU, l’Africa, che nel 2017 aveva una popolazione di 1.256 miliardi di persone, nel 2050 raddoppierà a 2.525 miliardi di persone, per quasi quadruplicarle nel 2100: 4.468 miliardi.
A partire dal 2075 le città africane diventeranno le più popolose al mondo. Nel 2100 tutte le megalopoli saranno concentrate in Africa, in India e nel sud est asiatico. Nessuna in Europa, nelle Americhe o in Cina. La città più popolosa sarà Lagos, in Nigeria, con 88 milioni di abitanti, ora 16 milioni circa. Al secondo posto Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, con 83 milioni di abitanti: oggi nove milioni. Al terzo posto Dar Es Salaam, in Tanzania, città costiera di 4,4 milioni di abitanti. Entro il 2100 la sua popolazione crescerà del 1588%, arrivando a 74 milioni di abitanti.
La ricerca spiega che la crescita esponenziale della popolazione delle città africane è determinata dalle migrazioni interne. Il 60% della popolazione africana vive nelle aree rurali e negli ultimi decenni si è registrata una migrazione costante dalle campagne alle aree urbane del continente. Quindi la migrazione dalle campagne, per l’espulsione e/o l’adozione di un’agricoltura intensiva “ senza Contadini”, è un problema centrale.
L’umanità deve rifiutare queste previsioni dell’ONU, il determinarsi di tali mostruosità apocalittiche, come il formarsi di megalopoli del tutto incompatibili con la natura, la vita, la pace e qualsiasi dignità.
- Le foto dell’articolo fanno parte del progetto “Photo Icons“, laboratorio di fotografia tenuto da Giulio Di Meo e Danilo Garcia Di Meo presso la struttura residenziale per persone diversamente abili Coccinella Gialla di Cento.