
Di Alessio Chiodi / foto di Ginevra Abeti, Valeria Altavilla, Claudio Cantù, Danilo Garcia Di Meo e Vittorio Giannitelli
Bologna si è mossa per sostenere il Rojava, il Kurdistan siriano da giorni sotto l’attacco della Turchia. Per le vie del capoluogo emiliano hanno sfilato lunghi cortei il 10 (da piazza Verdi) e il 12 ottobre (da piazza del Nettuno) per manifestare contro quella che Ankara ha dichiarato essere una nuova campagna contro il terrorismo curdo nella regione. All’iniziativa hanno aderito numerose realtà autogestite cittadine come Vag61, YaBasta, Làbas, Tpo, Nodo sociale antifascista, Rete Jin Bologna, Non una di meno Bologna, Laboratorio crash!, Collettivo universitario autonomo.

Fonte di pace
Si chiama “Fonte di pace”, ma i fatti parlano di attacchi contro i civili e una crisi umanitaria che rischia di piegare ancora di più una regione già gravata da anni di guerra contro Daesh. Al quinto giorno delle operazioni militari turche si parla di oltre 100 mila sfollati (alcune fonti parlano di 400 mila) e alcune città curde sono state già conquistate. Si riportano bombardamenti a Gire Spi e Serekaniye, Ras Al-Ayn è stata occupata e ora si punta a Tel Abyad.

Il ritorno dell’Isis
I Curdi hanno rappresentato la prima linea di difesa contro lo Stato islamico. Sono stati incensati da tutti come gli eroi della guerra in Siria e in Iraq, ma ora che Daesh è stato sconfitto sono diventati improvvisamente sacrificabili alle logiche di convenienza geopolitica. Il rischio, tuttavia, che l’Isis possa tornare in forze è difficilmente quantificabile, ma 800 affiliati allo Stato islamico sono fuggiti dai campi di prigionia duranti i raid turchi. Alle orecchie delle potenze “occidentali” a poco sono valse le richieste di aiuto e gli avvertimenti dei leader del Rojava, anzi.

Abbandonati
Mentre le nazioni europee si ripuliscono la coscienza dichiarando di non vendere più armi alla Turchia, Erdogan minaccia l’Ue di lasciar passare milioni di profughi e gli Usa voltano lo sguardo altrove, arriva la notizia della morte di Havrin Khalaf. La segretaria generale del partito per il futuro della Siria è rimasta uccisa nell’autobomba esplosa l’11 ottobre a Qamishli, città curda presa di mira sia dall’Isis (che ha rivendicato l’attentato) sia dal fuoco turco. La donna, leader curda da anni impegnata nel rispetto dei diritti per le donne, era una delle figure di spicco del Rojava e da tempo sulla lista nera di Ankara.
