WJ Report

Per questo secondo appuntamento con gli speciali di Witness Journal siamo tornati in Grecia con i reporter di Openborders e la nostra inviata Alessandra Lanza per raccontare come e cosa è cambiato dopo l'accordo tra UE e Turchia

L’Europa ha cambiato rotta. Le frontiere si sono chiuse, un accordo sulla questione quote appare lontano dall'essere raggiunto e di fatto si affida alla Turchia il lavoro sporco in cambio di una scorciatoia sul suo futuro ingresso nella UE e di una pioggia di Euro. Mentre Paesi come l’Ungheria e l’Austria alzano i muri o altri, come Svizzera e Danimarca confiscano i beni ai rifugiati, per fortuna c’è anche un'Europa che invece apre le porte, dà i suoi beni in beneficenza, accantona lavoro e famiglia per occuparsi di chi ha dovuto lasciare la sua casa per scappare dalla guerra, dalle torture, dalla miseria, inseguendo una speranza: quella di poter offrire ai propri figli la possibilità di un futuro più sicuro

Soluzione Hotspot

Dai campi spontanei ai nuovi centri voluti da Bruxelles

Mentre isole come Lesbo hanno le strutture al collasso, nella Grecia continentale oltre 45.000 profughi sono bloccati in attesa di capire quale sarà il loro destino. Di certo c'è che le forze dell'ordine li stanno lentamente spostando dai vari accampamenti spontanei sorti lungo il percorso della rotta balcanica agli Hotspot voluti e progettati da Bruxelles

Ktima Iracli

Da fattoria per gli animali a Hotspot, la metamorfosi

Il nuovo Hotspot è gestito dall’aviazione militare e si trova a 12 Km da Katerini. Si tratta in realtà di una ex-fattoria con cavalli e animali da cortile adibita per l’emergenza a campo di accoglienza. Sono 190 le persone, principalmente siriani e iracheni, che dormono in tende militari allestite all’interno di un campetto da basket recintato

Mohammad

Dal Pireo al campo di Eleonas

La storia di un profugo afgano di 36 anni. Mohammad si è accampato al Pireo, con sua moglie incinta e suo figlio di 3 anni, per 3 settimane. Ai primi di aprile è stato trasferito al campo di Eleonas. Mohammad parla perfettamente inglese, è una persona di ampia cultura. Ha i denti bianchissimi e un sorriso smagliante che coglie l’attenzione. È lui ad avvicinarci e a raccontarci che in Afghanistan oltre ad insegnare alle scuole elementari aveva un negozio dove rivendeva macchine fotografiche Nikon

Amani

Da Idomeni al campo di Cherso

Siriana di Aleppo, 26 anni e un passato da tecnico dentista. Amani è a Cherso da una settimana ma in Grecia già da un mese con la sua famiglia di 7 persone: il padre, due sorelle adolescenti, due fratelli e uno zio. Amani ci invita a prendere un caffè nella sua tenda, lei è l’unica che parla bene inglese, oltre a lei solo la sorella di 17 anni riesce a scambiare qualche parola. Prima di arrivare a Cherso Amani e la sua famiglia erano al confine con la Macedonia ma una volta visto che il confine era chiuso si sono spostati perché per lei Idomeni era invivibile: non c’era cibo, faceva freddo

Fatima

Bloccata da un confine che non c'era

Una storia senza immagini, quella di Fatima, chiude questa prima parte del nostro report. Abbiamo scelto di raccontare la vicenda di questa madre siriana, bloccata a Idomeni con il marito e la figlia di 5 anni, solo con le parole e non con le immagini perché il suo volto, come quello degli oltre 40.000 profughi bloccati nell'entroterra greco, rischia di scomparire per sempre, cancellato da una politica di non accoglienza che impedisce a questa famiglia di ricongiungersi con il proprio figlio tredicenne, passato su questo stesso percorso solo poche settimane fa, prima che i confini tornassero a essere tali e che ora vive e studia in Germania