Di Redazione Wj / Foto di Ginevra Abeti, Renato Ferrantini,
Agnese Di Giorgio (in copertina) e Laura Misuraca
Da Parma a Trento, da Bologna a Roma. Il coro di sdegno è unanime. Gli attacchi israeliani sulla striscia di Gaza stanno di nuovo infiammando il Medioriente e la questione palestinese torna nuovamente sulle prime pagine dei giornali. Alla Nakba (ossia il ricordo della catastrofe, quando nel 1948 le Nazioni unite decisero la fondazione dello Stato di Israele nei territori occupati all’epoca dagli Arabi palestinesi), non sembra esserci fine.
Da Gaza solo tra venerdì e sabato sono stati lanciati 200 razzi, quasi tutti intercettati dal Kipat barzel, meglio noto come Iron dome, il sistema di difesa missilistico tra i più avanzati al mondo. E proprio in virtù di questa supremazia militare, Israele ha riversato sulla Striscia ben oltre la quantità di piombo ricevuta (oltre 2900 razzi). Secondo le autorità locali palestinesi, in una settimana di bombardamenti sono morte 192 persone di cui, precisa il ministero della sanità palestinese, 58 bambini e 34 donne. Dall’altra parte i deceduti sono stati 10 (di cui un bambino).
La società civile in piazza
Ma se la politica internazionale si ritira dietro frasi di circostanza chiedendo un “cessate il fuoco”, la società civile torna in piazza per gridare contro quello che è a tutti gli effetti un massacro in un conflitto asimmettrico e sbilanciato (basti pensare che l’esercito israeliano ha chiuso il valico di frontiera di Kerem Shalom, attraverso cui avviene il rifornimento di combustibile a Gaza. In questo modo si garantisce un flusso di energia per quattro o cinque ora al giorno che è ormai agli sgoccioli in quanto sta finendo).
In virtù di ciò gruppi organizzati hanno deciso di manifestare il proprio dissenso portandolo per le strade di Bologna, Trento, Roma e Parma. “Se ci laviamo le mani sul conflitto tra il più forte e il più debole, allora stiamo dalla parte del più forte e non saremo mai neutrali”, recita un cartello nella manifestazione trentina a piazza Duomo. E ancora “il silenzio è crimine”, gridano da Parma a cui fanno eco Roma e Bologna con “Palestina libera”.
Doppiopesismo
La sensazione è che la comunità internazionale attenda che Israele sfoghi il suo arsenale e poi torni a mantenere il vigile controllo e l’occupazione sulla Palestina. Ancora una volta, tra l’altro, l’Onu e i componenti del Consiglio di sicurezza mettono da parte i principi tanto sbandierati nelle occasioni pubbliche. Mentre da una parte si sottolinea come Israele abbia diritto a difendersi contro il cosiddetto aggressore per mantenere la terra che reputa da sempre sua, dall’altra si lava le mani su questioni simili ma che hanno una valenza mediatica ben inferiore.
Per fare un esempio: a fine maggio saranno trascorsi due anni dalla risoluzione Onu secondo cui gli Ilois, abitanti dell’isola di Diego Garcia ma deportati alle Mauritius (che rivendicano l’isola e l’arcipelago Chagos) affinché si potesse lasciar spazio alla costruzione di una base navale statunitense, sarebbero dovuti tornare alla loro isola entro sei mesi dalla risoluzione stessa. Risultato: il Regno Unito non ha accettato e la situazione è rimasta in stallo. E a questo punto non rimane che scendere in piazza.