Di redazione wj
Fotografare significa “disegnare con la luce”, ma al di là dell’etimologia o della retorica della parola, mi hanno sempre affascinato i procedimenti fisici e chimici che stanno alla base di questa disciplina.
La magia della camera oscura.
Basta oscurare una stanza e praticare un piccolo foro su una parete per veder comparire sulla parete opposta la fotografia di tutto ciò che esiste al di fuori di quello spazio. La luce viaggia, viaggia e trasporta informazioni. E se quella camera la rimpicciolissimo alle dimensioni di una scatola (scatole stenopeiche o pin-hole) e se alla parete sostituissimo un foglio che, grazie a un’emulsione, sia in grado di mantenere sulla sua superficie quell’immagine proiettata attraverso il foro, ecco che otterremmo una fotografia così per come la intendiamo oggi.
E se quella scatola la perfezionassimo aggiungendo automatismi ed elettronica, avremmo le odierne fotocamere (non a caso, continuano ostinatamente a volersi far chiamare così).
Fine della prima parte.
La seconda parte inizia, forse, con un sogno.
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Giordano Suaria