Di redazione Wj / Foto di Pierfrancesco Lafratta
Città e fabbrica si sono unite in un cordone umano per manifestare in favore di una nuova “cultura climatica” e diritti legati al lavoro e salute. Tutto all’ombra dei fumiganti forni dell’Ilva, ora Arcelor Mittal. In cinquemila hanno sfilato per le vie del centro.
Friday for future
Uno sciopero per il clima diverso dal solito. Stavolta non si è manifestato solo per l’ambienta, ma per i diritti dei lavoratori della grande acciaieria tarantina. Grande lavoro tra i quartieri per gli ambientalisti e i gli operai che hanno radunato un fiume umano. Si è protestato contro l’incidenza di patologie legate all’inquinamento che colpiscono violentemente bambini e donne. Endometriosi, infertilità, asbestosi, tumori. La fabbrica va chiusa e riconvertita dicono da Taranto. “Ore 5.30, prime immagini dalla portineria D dello stabilimento Ilva. Cittadini e operai provano a fare cordone e bloccare gli operai. Buon risultato ottenuto, solo il 10% degli operai di comandata sono entrati, per tenere gli impianti in sicurezza. Gli altri fuori”, è scritto sul gruppo Facebook “Fridays for future-Taranto”.
Salute, ambiente e lavoro
Sono in ballo diritti diversi tra loro: salute, ambiente e lavoro. Il piano di licenziamenti deciso dai piani alti della multinazionale franco-indiana rischia di lasciare a casa cinquemila persone, una per ogni manifestante, in sostanza. Il tam-tam social ha funzionato e in tanto hanno presidiato l’Arsenale per poi giungere al centro cittadino. “Ilva is a climate monster”, gridava la folla.
Nel mondo e in Italia
Contemporaneamente, in tutto il Paese, per il quarto sciopero per il clima sono scese in strada 300 mila persone. Il grosso a Roma, con 30 mila persone riversatesi a piazza del Popolo e Milano con 25 mila manifestanti. Tanti anche a Torino e Napoli con 10 mila persone. Da Manila a Copenaghen, da Sidney a Londra sono scese in strada in centinaia di migliaia di persone.