La fotografia torna in scena

Dopo quasi tre anni di semi oscuramento, causati dall’emergenza COVID che ha costretto ad improvvisare edizioni online più o meno riuscite, i premi fotografici sono tornati per così dire alla normalità e con essi la possibilità di osservare le scelte delle giurie e, soprattutto, i lavori di autori già noti ed emergenti.

Nel mese di aprile, uno dopo l’altro, sono stati resti noti i vincitori di quelli che sono, per diverse ragioni, i due premi fotografici più importanti al mondo, Il World Press Photo e il Sony World Photography Awards. Il primo, dedicato al fotogiornalismo, premia i migliori lavori pubblicati nel corso dell’ultimo anno, il secondo nel volgere di meno di 20 anni è riuscito a divenire il concorso fotografico più grande al mondo, aperto a professionisti e appassionati e articolato su una serie di generi diversi che vanno dalla fotografia documentaria allo sport per un totale di dieci categorie differenti, cui si aggiungono una serie di premi speciali come per esempio quello dedicato ai giovani e alle scuole di. Due progetti molto diversi tra loro ma che alla fine hanno il medesimo obiettivo: promuovere la buona fotografia, celebrando coloro che si sono distinti attraverso i propri lavori.

Se per chi concorre l’obiettivo è veder riconosciuto il valore della sua ricerca, per tutti coloro che hanno un interesse per la fotografia in generale, i premi rappresentano una grande opportunità di conoscere lavori ed autori provenienti da tutto il mondo. Un momento importante per tutto il settore, dunque, che è composto da un esercito di autori, critici, photo editor, editori, galleristi e, soprattutto, da un pubblico che ama e si appassiona per la fotografia a tutte le latitudini. I concorsi, quelli seri, sono dunque molto di più che un appuntamento celebrativo e permettono a tutti, fotografi e non, di fare importanti riflessioni in diversi ambiti.

A vincere il World Press Photo è stata la fotografia di Evgeniy Maloletka scattata a Mariupol subito dopo il bombardamento dell’ospedale pediatrico. Tra le tante fotografie arrivate in questo anno di mezzo dall’Ucraina, quella premiata è un’icona perfetta del conflitto in corso. Il gruppo di soccorritori che trasporta la giovane madre ferita che tiene con la mano il grembo ferito come a proteggerlo è un gruppo scultoreo, una moderna Pietà, che racconta senza parole tutto l’orrore di tutte le guerre. In termini fotografici si tratta di un ritorno all’essenza del fotogiornalismo, semplice, diretta, tremendamente vera e che non bisogno di nessuna didascalia per parlare a chi la osserva.

Il vincitore dei vincitori degli SWPA 2023, scelto dalla giuria tra tutti e dieci i lavori premiati in ciascuna delle categorie è il portoghese Edgar Martins con la sua serie realizzata in Libia tra le milizie che si contendono il controllo del Paese. Un lavoro che nasce dall’esigenza di ricostruire le vicende di un amico e collega, Anton Hammerl, rapito e giustiziato il 5 aprile 2011 dalle milizie governative durante la guerra civile libica. Un lavoro complesso che non contiene solo ritratti ma anche immagini più intime e scatti di stampo reportagistico. Un altro modo di raccontare la guerra, con un sapore decisamente meno giornalistico e più autoriale e per questo destinato più alle pareti di una galleria che non alle pagine di un giornale a ulteriore testimonianza che non sono certo i soggetti a determinare il genere fotografico me sempre e soltante l’autore e il suo punto di vista unico. Con buona pace di qualsiasi forma di Intelligenza Artificiale.

La redazione

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