Operazioni speciali
Se c’era una cosa che non pensavo proprio mi sarebbe mai toccata in sorte, questa era certamente dovermi ritrovare un giorno a scrivere un editoriale su una guerra in Europa. Non me lo aspettavo, non credevo che sarebbe accaduto di nuovo e soprattutto mai avrei immaginato che avrebbe coinvolto la Russia, ex superpotenza in termini economici ma per nulla ex in tema di armamenti nucleari, con le sue 5.997 testate atomiche di vario genere e tipo.
A pensarci bene, però, circa due anni fa avevo vissuto la stessa strana sensazione di sgomento e stupore con l’inizio della pandemia e del conseguente lockdown. Un virus, ossia qualcosa che fino al giorno prima eravamo abituati a liquidare con un paio di medicinali da banco e un bicchiere d’acqua, aveva fermato letteralmente tutto, a cominciare dalle nostre certezze.
Riassumendo, dunque, non ho nessuna titolarità o competenza per raccontarvi cosa penso di questa guerra e a essere sincero più mi informo più capisco a mia volta che anche giornalisti migliori di me fanno per lo più congetture, ipotesi e ragionamenti basati se non sul nulla, sicuramente su poco, come nel caso di chi, per esempio, riduce il tutto ora alla presunta follia di Putin, ora alla NATO e alla sua politica di espansione. Ammesso e non concesso che la storia potrà un giorno raccontare una verità condivisa e plausibile per tutti, ciò che mi sembra certo è che il vero sconfitto alla fine sarà la globalizzazione, rivelatasi letale per la salute del pianeta e ampiamente inefficiente sia sul piano economico, sia su quello delle relazioni internazionali.
Spento prima possibile l’incendio ucraino, occorrerà trovare un nuovo modello capace di garantire un vero equilibrio geopolitico, sostenibile per tutti e compatibile con una riduzione delle cause che hanno innescato i cambiamenti climatici di cui peraltro iniziamo a toccare con mano i devastanti effetti.
L’alternativa è rassegnarsi all’idea di un futuro impossibile, regolato sempre di più dalle esigenze dettate dai mercati finanziari e dalla necessità di accaparrarsi risorse che non sono più sufficienti per quasi otto miliardi di persone. Perché dalla notte dei tempi le guerre, in ultima analisi, si fanno sempre e solo per ragioni economiche.
Amedeo Novelli
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