Quando lo scorso anno ci sentivamo rattristati per l’impossibilità di scendere in piazza per celebrare il 25 Aprile a causa del lockdown, nessuno di noi probabilmente immaginava che, dodici mesi dopo, ci saremmo ritrovati ancora qui a parlare di una festa che non potremo vivere come si dovrebbe, ossia insieme. Celebrare la Liberazione non è solo una necessità storica, significa soprattutto ricordare i valori che hanno ispirato la Resistenza e che trovano espressione diretta nei principi della costituzione repubblicana. Ecco perché fa specie, non solo che si discuta ancora sulle favole, come quella dei partigiani buoni e cattivi, quanto che nessuno, nemmeno a sinistra, abbia detto una parola sull’ennesima tragedia nel Mediterraneo: centotrenta persone affogate con i loro sogni e speranze, nell’indifferenza di tutti.
Non abbiamo mai creduto a chi, pochi mesi fa, profetizzava un uomo nuovo, migliore, figlio dell’esperienza pandemica, semmai il contrario e i fatti di questi mesi lo hanno dimostrato senza possibilità di equivoci. Le difficoltà nello sconfiggere il Covid-19 e le sue conseguenze sui nostri modelli economico-sociali, hanno generato un stress sull’intero sistema con conseguenze a tutti i livelli, con effetti drammatici soprattutto sulle fasce di popolazione più deboli.Un fatto che è stato raccontato spesso quasi come una logica conseguenza e senza che i governi di ogni latitudine facessero troppo per intervenire in questo processo di progressiva emarginazione sociale ed economica.
In questo scenario tutt’altro che roseo, per la festa del 25 Aprile auguriamo a tutti i lettori di WJ di ritornare alle basi, ai principi e a quelle idee di condivisione, partecipazione, libertà e uguaglianza per cui tanti italiani hanno combattuto e dato la vita più settanta anni fa e di cui ora abbiamo tutti un tremendo bisogno.
Buona liberazione
Amedeo Novelli
Rwandan Girls‘n Boys
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