Salvini über alles

Le elezioni europee che si sono appena concluse ci hanno confermato un po’ di cose. La prima e più importante per noi italiani, è che circa un terzo di coloro che si sono presentati alle urne ha scelto di sostenere la politica della Lega e del suo leader Salvini. La maggioranza degli italiani ha dunque sposato la linea leghista, riposizionata dal suo leader molto più a destra rispetto al passato sia in termini di contenuti, sia di comunicazione, per alimentare più o meno volutamente tensioni sociali che sembravano ormai un ricordo degli anni Settanta. Un’operazione spregiudicata e rischiosa, ma che ha sicuramente pagato in termini di consenso. Salvini si è guadagnato la fiducia dei ceti più in difficoltà, quelli con meno risorse economiche e non solo, alimentando la rabbia, soffiando sul fuoco, agitando spettri e facendo leva sulle paure. Basta ascoltare un suo comizio, analizzarne linguaggio e argomenti, piuttosto che fare un giro sulla “bestia”, la macchina social messa in piedi dal suo staff, per capire quale sia la ricetta del successo leghista. Il campionario del capitano comprende citazioni mussoliniane, luoghi comuni, frasari da stadio, il cattolicissimo rosario, una discreta dose di maleducazione condita con arroganza e pochissimi contenuti, rigorosamente elementari, tutti più o meno basati su un unico paradigma: la paura del diverso in tutte le accezioni possibili.

In questo quadro desolante per chi crede ancora che la politica debba essere qualcosa di “meglio e di più” ci sono anche delle buone notizie. A livello europeo l’annunciata avanzata dei sovranisti non si è verificata, mentre in Italia la linea dura scelta dal vice premier lumbard ha causato un effetto collaterale positivo: avere un “nemico” così, che minaccia di riportare indietro di anni il Paese su tanti fronti, ha ricompattato un elettorato di sinistra disorientato da un partito, il PD, in attesa di una classe dirigente nuova, giovane e capace di mettere a punto proposte politiche alternative, degne di questo nome. Nella speranza che ciò diventi presto realtà, a chi come noi non fa politica di mestiere ma ha a cuore temi come l’immigrazione, la giustizia sociale, il lavoro, il clima e l’ambiente, non resta altro da fare che impegnarsi sempre di più in difesa dei propri principi, attuando una vera e propria resistenza culturale, capace di fare da argine in attesa che “passi la piena”.

Amedeo Novelli

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“Mi chiamo Firas Abdullah, sono un giornalista siriano. Sono nato l’8 di Dicembre 1993. Sono il più grande di quattro fratelli. Ho vissuto a Jeddah, in Arabia Saudita fino al 2006. L’anno in cui ci siamo trasferiti in Siria, avevo 13 anni. Per 5 anni ho vissuto senza guerra, per 7 in guerra. Da quando sono tornato in patria, fino al 2011, la frase che più ho ascoltato è “stai zitto, i muri hanno orecchie”. […]

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