Di Renato Ferrantini / foto di Renato Ferrantini
Il mondo dello spettacolo si è fermato da oltre un anno a causa della pandemia da Sars-Cov2. Teatri, cinema, luoghi di aggregazione sono stati additati come fonte di contagi anche se i dati epidemiologici dicono ben altro. Con gli stadi che riaprono in vista di Euro 2021, le piazze della cultura rimangono ancora appese a decisioni schizofreniche e contrastanti. A Roma, negli scorsi weekend sono andate in scena delle manifestazioni per dire basta e convincere il Governo a sciogliere le ultime riserve. C’è gente che non lavora da oltre 400 giorni ed è tempo di riaprire.
L’occupazione del Globe Theatre
Il 12 aprile un gruppo di artisti, lavoratrici e lavoratori dello spettacolo ha occupato il Globe Theatre, un teatro pubblico nel centro storico di Roma, all’interno di Villa Borghese.
La loro esperienza, pacifica, e nel rispetto della sicurezza a causa della pandemia da Covid_19, è durata una settimana con assemblee e tavoli tematici per richiedere reddito, salute e dignità.
La partecipazione della cittadinanza è stata significativa fin dal primo giorno, con supporto e solidarietà da parte delle realtà sociali e associazioni della capitale e del resto d’Italia.
Il ministro della Cultura (Dario Franceschini) e il ministro del Turismo e dello Spettacolo (Massimo Garavaglia) incontreranno gli artisti il 22 aprile per discutere e dei contribuiti lavorativi arretrati e dei progetti futuri.
Bauli a piazza del Popolo
A piazza del Popolo, invece, si fa “rumore” con l’iniziativa “Bauli in piazza”. Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo dopo l’evento dell’11 ottobre a Milano si sono dati appuntamento a Roma per gridare al dissenso. Sono ormai 419 giorni che non possono svolgere la loro professione.
Chiedono al governo ristori strutturati, aiuti alle imprese, tavolo sulle ripartenze e programma di ristrutturazione del welfare. Mille i partecipanti, tra artisti noti e meno noti, montatori, fonici e altri operatori del settore.
Il destino della cultura in Italia
C’è molto su cui riflettere. Quando la pandemia arrivò in molti pensarono che le decisioni prese in merito alla chiusura fossero inevitabili. Temporanee, ma inevitabili. Ora, a un anno di distanza l’esasperazione ha preso il sopravvento anche perché quello che sembrava un atto a tempo determinato si è trasformato in tutt’altro. Quando i cinema hanno riaperto la scorsa estate è sempre stato garantito il massimo impegno nel garantire distanziamento e rispetto delle regole.
Eppure non è servito. Il mondo della cultura e dello spettacolo sono ancora ostaggio di Covid-19 e di una mancanza di prospettiva sul tema. Il Governo non ha ancora preso una decisione univoca tanto che la precedente idea di riaprire tutto il 27 marzo (giornata mondiale del teatro) si è rivelata una beffa. Zone rosse e impossibilità, secondo l’esecutivo, di riaprire in sicurezza.