Di Redazione Wj / Foto di Jamila Baroni,
Valeria Ferraro, Vittorio Giannitelli,
Laura Misuraca, Gianluca Rizzello
Definirla burrascosa è un eufemismo. La XIII edizione del Congresso mondiale delle famiglie che si è svolto a Verona dal 29 al 30 marzo 2019 ha mostrato il lato più conservatore e reazionario dell’Italia e non solo. Nel cuore della città di Romeo e Giulietta, nel sontuoso palazzo della Gran Guardia si è svolta la kermesse pensata dall’Organizzazione internazionale per la famiglia, esponenti religiosi e politici, sostenitori dei movimenti anti-abortisti, anti-eutanasia e, tra le frange più estreme, anti-LGBTQ, appoggiati da associazioni cattoliche e gruppi politici di destra.
Allo stesso tempo, nel resto della città si sono svolte diverse attività dei movimenti dal basso, a partire dal movimento Non Una di Meno e gruppi in favore dei diritti civili, libertà di scelta sull’aborto e laicità dello stato, che hanno manifestato tutto il proprio disappunto (anche qui un piccolo eufemismo), contro l’evento che ha catalizzato l’attenzione dei media di tutto il Paese.
I motivi dello scontro
Al centro dello scontro tra le posizioni dei congressisti, di molti partecipanti alla marcia per le famiglie e quelle dei sostenitori di Non Una di Meno ci sono stati due temi sensibili: famiglia e aborto. Questioni che rappresentano storiche battaglie delle femministe italiane e che sono tornate a essere al centro delle discussioni politiche dopo la presentazione del decreto Pillon che rischia di aumentare i casi di abuso e violenze in famiglia.
Il volto dei congressisti
Uno sguardo alle biografie dei relatori al congresso lascia pochi dubbi sulle posizioni sostenute. Da quelle pro-life di Brian Brown, a quelle dell’anti-abortista Ignacio Arsuaga (presidente della spagnola CitizenGo, che usa una piattaforma online per diffondere le posizioni anti-aborto), passando per quelle dell’italiano Antonio Brandi, presidente di Pro-Vita onlus, famoso per le dichiarazioni contro gli omosessuali. Posizioni anacronistiche, ma motivate da riferimenti sull’evoluzione delle tecniche diagnostiche e scientifiche, nonché diffuse con nuovi linguaggi più adatti ai giovani, attraverso social e piattaforme online.
Comunicazione social
Un aspetto, quello dello delle strategie di comunicazione dei congressisti e sul loro ruolo di policy maker messo in evidenza da Non Una di Meno, con dibattiti, incontri e proiezione dell’inquietante documentario: “Aborto. Le nuove crociate” (di Andrea Rawlins-Gaston e Alexandra Jouseet), che rivela i finanziamenti delle organizzazioni, gli intrecci con l’agenda politica europea, il ruolo del Vaticano. Una sorta di regia occulta che, però, ha effetti nel quotidiano, attraverso le scelte e le azioni, per esempio, dei ginecologi obiettori di coscienza.
I colori di Verona
Se la parte istituzionale è quella più oscura, più vivace e partecipata è stata la mobilitazione ai cortei di ambedue le parti. Adulti, bambini e anziani hanno invaso la città con striscioni, cartelli, sit-in e comizi pubblici. Sono arrivati da tutta Italia. Chi con l’arcobaleno dipinto sul volto, chi con il crocifisso appeso al collo.
Il corteo di sabato 31 marzo ha mostrato una città colorata di fucsia e nero, i colori di Non una di Meno. La sfilata in centro (all’interno di una tre giorni di mobilitazione organizzata dal movimento) ha sfiorato piazza Bra, quasi in concomitanza dell’arrivo di Salvini alla roccaforte del congresso. A parte i fumogeni colorati e i canti ironici rivolti al ministro e quelli contro la violenza maschile, è stato evitato lo scontro diretto, mostrando come anche idee divergenti possono essere espresse pubblicamente, ma nel rispetto di tutti.
Tra le partecipanti al corteo anche Marta Dillon, argentina co-fondatrice del movimento Ni Una Menos. La giornalista argentina è stata positivamente sorpresa dalla grande partecipazione e dalla riuscita della giornata, dimostrazione che le battaglie per i diritti delle donne è vitale in un paese che risente della forte ombra del Vaticano. Per la Dillon, madre di due figli, non è la maternità a essere messa in discussione, ma il potere prevaricatore maschile che, spesso, è giustificato in nome di una falsa difesa del matrimonio e della famiglia.
Per questo, mobilitazioni come quella promossa da Non Una di Meno, che nell’ultimo giorno ha proposto un’assemblea pubblica con attiviste di diversi Paesi europei ed extra-europei, servono a sensibilizzare un pubblico molto vasto, senza distinzione di genere, al tema dei diritti delle donne.
Famiglia, ma non solo
“Famiglia” è, però, anche uno dei tre termini usati nei cartelloni di Forza Nuova, insieme a “Patria” e “Dio”. Un terzetto che evoca, senza starci neanche a pensare troppo, gli slogan del ventennio, presente nei cartelloni di alcuni dei partecipanti alla marcia per le famiglie indetta domenica 31 marzo.
Etichettare, però, la marcia delle famiglie come prerogativa della sola destra è comunque riduttivo. C’è chi ha partecipato, anche con figli neonati, per dimostrare l’importanza nella loro vita, come coppia veronese e moglie cinese, con bambina di pochi mesi, senza toni polemici. Come loro anche alcune coppie venute da fuori Verona. L’estremizzazione dei discorsi degli ultimi giorni ha portato in campo anche chi si è sentito sotto attacco.
Prove di forza
In definitiva, le “tre giornate di Verona” sono state una prova di forza, ma anche di coesistenza, tra due mondi che nelle settimane precedenti al congresso si sono scontrati sui social tra fake news e debunking, spot pubblicitari e incontri di sensibilizzazione. Si litiga anche sui numeri e le cifre sono al solito difficili da quantificare. Secondo gli organizzatori del convegno erano almeno 50 mila i manifestanti, mentre le organizzatrici di Non Una di Meno dichiarano di aver raggiunto una partecipazione di oltre 100 mila persone al corteo di sabato 30.
Ma c’è stata anche un’alta partecipazione alle diverse attività organizzate in giro per la città. Come ha affermato un signore veronese: “alla fine siamo cinquanta e cinquanta, né vinti né vincitori”. Intanto, però, bottino pieno per Non Una di Meno che negli ultimi anni è riuscito a portare in piazza decreti, legislazioni e idee nuove di cambiamento. Una pressione che sembra non essere sfuggita a Salvini che, nelle interviste, avrebbe affermato di non voler toccare le leggi in vigore.
Tuttavia il vice presidente del Consiglio fa le prove generali per le elezioni europee del 26 maggio. Salvini ha visto nella platea “pro family” un bacino elettorale da fomentare in vista dei prossimi appuntamenti con le urne.