Loris Savino, fotogiornalista: come è cominciata la tua avventura e quando?
Ho iniziato a appassionarmi di fotografia sin da piccolo. E’ stata una passione tramandata in famiglia. Da giovanissimo ho avuto a che fare con il mondo dell’editoria e per me era affascinante solo aver la possibilità di sfogliare dei giornali. Mi appassionava.
Qual è stato il tuo percorso formativo?
Ho avuto una formazione artistica che mi ha portato inizialmente a lavorare come grafico prima e artdirector per progetti multimediali poi, ma era solo l’inizio del web. Era il periodo in cui si fantasticava di poter aggiungere contenuti video e interazione su Internet. Mi annoiava, la fotografia era la mia vera passione. Anche se oggi posso far tesoro dell’esperienza di quegli anni.
Come hai cominciato questa professione?
Sono sempre stato appassionato di fotogiornalismo e dopo svariati tentativi, qualche pubblicazione un paio di collaborazioni con piccole etichette discografiche, provai ad andare al festival di Savignano sul Rubicone. Fu Elena Ceratti che vide il mio portfolio e mi chiamò dopo qualche giorno per un colloquio all’agenzia Grazia Neri. Per me era un sogno e l’inizio di un bella esperienza. Iniziai una collaborazione con l’agenzia, fotografando le comunità di immigrati e le religioni in Italia.
Come è cambiato il tuo lavoro con il passaggio da analogico e digitale?
Per me il passaggio al digitale e stato quasi immediato. Per il lavoro di produzione con i giornali erano già richiesti tempi molto ristretti e lavorare in analogico risultava spesso sconveniente.
Sicuramente il passaggio più importante è avvenuto negli ultimi anni. Personalmente, ho capito che il mezzo digitale era diventata una necessità durante la mia breve collaborazione con l’Agenzia Reuters. Tra lo scatto e la spedizione passava pochissimo tempo. E stata una scuola importante nella mio percorso. La dimostrazione che non è sufficiente scattare in digitale ma occorre una comprensione di quello che stai fotografando e una conoscenza giornalistica adeguata. Senza nulla togliere alla ricerca estetica sempre di altissimo livello. Anche per i lavori fatti in Libano, Palestina, Iraq la possibilità di poter inviare il materiale dopo poco tempo era fondamentale. Detto questo resto ancora molto legato al supporto tradizionale soprattutto di grande formato che forse questo si, mi consente un approccio più riflessivo e forse anche una breve fuga dai meccanismi editoriali.
Oggi il mercato, specie quello editoriale vive un momento di crisi. Come pensi se ne possa uscire?
Sono abbastanza ottimista e penso che si stiano sperimentando nuove strade, alcune anche molto interessanti. nuovi supporti per risollevare l’editoria. Di sicuro è un periodo complicato in cui i budget sonoa dir poco ridotti. I giornali d’altronde faticano a stare sul mercato. Credo sia una buona occasione per fermarsi un attimo, riflettere, trovare nuove forme di comunicazione. Quali? mi piacerebbe saperlo.
Internet e il web rappresenta un’opportunità o un pericolo per i fotografi?
Non ho mai pensato a Internet come a un pericolo ma sempre come una “fonte”. Di sicuro apre orizzonti interessanti anche per i fotografi, soprattutto oggi di fronte a nuovi “media” come l’iPad. Il problema credo sia non cedere all’inganno che fa pensare che di fronte a queste soluzioni sia tutto più semplice e alla portata di tutti. Questo è falso. Ciò che fa la differenza oggi è la qualità, la professionalità e le competenze. Penso che oggi sia più difficile e che serva essere molto più preparati. Il resto sono solo trucchetti.
Credi che il futuro passi anche dalla produzione di formati diversi che partono dalle foto ma non si fermano a queste?
Certo assolutamente, ma credo fortemente nella fotografia come mezzo a se stante. Credo serva un ritorno a immagini semplici, chiare. audio e video possono essere di aiuto, possono rendere un lavoro più completo e adatto a un supporto elettronico. Ma poi c’è bisogno anche di buona fotografia, di immagini che sappiano stare da sole e farsi contemplare anche al di fuori del mercato editoriale.
Hai qualche consiglio per chi si affaccia oggi a questo mercato?
Penso che sia fondamentale la determinazione e la capacita di saper attendere. Piccoli gesti al momento giusto, esattamente come nello scatto. E’ un percorso lungo e fatto di tanta esperienza. Di gesti ripetuti giorno dopo giorno. Non si possono saltare certi passaggi, si rischia di cadere nella mera finzione. Sono convinto che la fotografia rappresenta te stesso e le tue esperienze, chi sei. Non ti puoi nascondere. Per cui bisogna insistere tanto ma darsi anche il giusto tempo per crescere e, oggi più che mai, sicuramente occorre avere una buona progettualità e conoscenze giornalistiche.
C’è qualche aneddoto relativo al tuo percorso professionale che ti va di raccontarci?
Nel 2005 un collega giornalista mi propose di partire con lui per un servizio a Nairobi. Fu un lavoro intenso di 20 giorni. Cercammo di raccontare la realtà degli slum e la vita all’interno di una palestra di pugilato a kibera. Una bellissima esperienza, toccante. Al ritorno mi fu proposto di mandare il lavoro alle selezione per il premio Baldoni. Io ero in partenza per un servizio in nord Iraq e non credevo ne valesse la pena. Fu una mia amica a consegnare la busta. Al mio ritorno mi chiamarono. Avevo vinto il primo premio.
Ci parli del progetto
Linke nasce da un’esigenza personale. Due anni fa, mi trovai con la necessità di dover stampare 20 immagini di grande formato. Erano stampe di quasi due metri. Volevo avere il controllo totale sulla processo di lavorazione. La stampa e la postproduzione per me fanno parte di quel bagaglio di famiglia e di un bellissima esperienza fatta all’inizio della mia carriera nel laboratorio di Destefani, dove ebbi la possibilità di lavorare e stampare immagini di grandi autori al fianco dei migliori stampatori di Milano. Fu un’esperienza incredibile che mi aiutò molto anche in fase di scatto. Tornando a Linke, decisi così di attrezzarmi io, nel mio studio per fare il lavoro. Fu un risultato eccezionale. Nel tempo questa avventura si è trasformata in qualcosa di più serio. Abbiamo lavorato e stampato mostre di autori e clienti importanti come l’Agenzia VII, Fnac , l’Accademia di Brera. La sfida fu una stampa per un mostra di Isabella Balena di 1mt per 15mt.
Insieme a questo nuovo progetto di cui sono curatore partirà a settembre una nuova struttura, in una location ad hoc, dove sarà possibile, stampare a diretto contatto con gli operatori, ma anche avere accesso a libri di fotografia selezionati. Confrontarsi con autori professionisti, accedere alle competenze di esperti del montaggio video e della postproduzione, frequentare incontri a tema, e avere accesso alla studio fotografico per qualunque necessità di scatto. Sarà inoltre possibile usufruire di una camera oscura tradizionale per il trattamento del BN. Insomma un posto dove si parlerà di fotografia e si farà cultura fotografica.
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