Intervista a James Oatway
di Lara Mariani
Scudi, elmetti, fuoco e fumo invadono tutta la fotografia. Probabilmente state pensando a un paese in guerra. E a giudicare dalla vegetazione che si intravede tra il fumo nero, forse la vostra mente corre a uno dei tanti paesi africani dilaniati da anni di guerre civili e lotte intestine. Sud Sudan, Uganda, forse Somalia. Invece siamo a Johannesburg.
Per noi europei che siamo abituati a immaginare il Sudafrica come “quel mezzo continente che somiglia più all’Europa che all’Africa ” è difficile da credere, ma la guerra c’è. La potremmo definire una battaglia a bassa intensità, che si manifesta soltanto in alcune giornate ed è commissionata non dagli stati, ma da committenti privati, ma sempre guerra è… e manco a dirlo ovviamente, alla fine, è una questione tra poveri.
Quelle che vedete sono le “Red Ants”, le formiche rosse.
La “Red Ants” è una società di sicurezza privata di Johannesburg i cui dipendenti vengono ingaggiati dai proprietari di immobili privati – spesso consigli comunali – per far rispettare gli ordini di sfratto. Sostanzialmente vanno a liberare le case occupate abusivamente, che di per sé sarebbe un’azione legale. Ciò che è illegale è l’eccessiva violenza utilizzata durante alcune operazioni.
James Oatway ha voluto documentare queste operazioni. Ha voluto trascorrere parecchio tempo con le formiche rosse e il risultato è questo incredibile lavoro con cui ha vinto il Visa d’or Feature Award al Visa pour l’image di Perpignan, il più importante festival di fotogiornalismo al mondo.
James, la prima domanda che ti devo fare riguarda l’inizio dei lavori. Come hai fatto a ottenere l’autorizzazione per stare con le formiche rosse?
È stato difficile avere accesso a questo gruppo, mi ci sono voluti tre mesi per ottenere dal titolare della società il permesso per stare con loro. Ovviamente non amano l’attenzione dei media, ma c’è anche da dire che i giornali hanno un’attenzione superficiale perché enfatizzano solo gli aspetti negativi del gruppo, le uccisioni o i furti che avvengono durante le operazioni. Ma il loro lavoro non è solo quello e io ho cercato di dimostrarlo. Quando ho contattato il boss della società sono stato onesto, ho detto che volevo passare del tempo con queste persone mentre lavoravano, vivere la loro quotidianità per vedere come si comportavano e alla fine lui ha accettato.
E i dipendenti, gli uomini impegnati direttamente sul campo, ti hanno accettato subito?
Diciamo che se andava bene per il boss, doveva andare bene anche per loro. Ci hanno, anzi ci abbiamo messo qualche mese per adattarci a questa nuova situazione, anche perché i Red Ants non lavorano tutti i giorni. I senior (quelli vestiti di nero e dotati di armi da fuoco) lavorano costantemente, ma i rossi vengono ingaggiati all’occorrenza e guadagnano 6/7 euro al giorno.
Non ho bene idea del costo della vita in Sudafrica, ma mi sembra una miseria.
È una guerra tra poveri. Molto spesso le Red Ants si coprono il volto, non solo per difendersi dal fumo che invade certe operazioni, ma per celare la loro identità perché spesso si trovano a sfrattare dalle case occupate persone che appartengono alla loro stessa comunità. E spesso quando a fine giornata si tolgono quelle tute rosse, tornano in quegli stessi quartieri.
E tu quando uscivi in spedizione con loro come ti vestivi?
Così come sono vestito oggi. Pantaloni e t-shirt bianca. Per questioni di sicurezza quando ci sono operazioni pericolose indosso un elmetto bianco. Sto attento a non indossare niente che abbia a che vedere con loro, perché non mi voglio identificare nel gruppo. Non voglio che gli altri pensino che io sia un Red Ants, ma non voglio neanche io immaginarmi in quel modo e farmi coinvolgere. Io non ero parte del gruppo, così come invece avviene per alcuni photo-reporter ad esempio in Afghanistan che fanno parte dell’esercito statunitense. Però ci sono state occasioni in cui ho dovuto dichiarare che non facevo parte del gruppo perché altrimenti mi avrebbero aggredito.
Ti sei dovuto difendere?
In occasione di questo scatto ho gridato più volte “sono solo un giornalista, sono solo un giornalista”. Quel giorno c’era una grandissima operazione, dovevano sgombrare un terreno molto grande e c’erano 1000 Red Ants e diverse migliaia di membri della comunità. Io stavo camminando da una parte all’altra, e a un certo punto ho individuato un gruppo, ma uno dei red mi disse di non avvicinarmi perché era stato ucciso qualcuno della comunità ed era possibile che mi associassero a loro se mi facevo vedere. Io ho alzato la macchina fotografica per dire che ero soltanto un giornalista. In quel caso mi hanno permesso di avvicinarmi. Ho visto l’uomo che era stato colpito, che era ancora vivo e ho potuto lavorare, ma solo per 15 minuti. Poi mi hanno intimato di andar via, altrimenti avrebbero ucciso anche me. Alla fine della giornata il conto dei morti era salito a due.
Dalle tue foto vedo però che i morti non sono solo tra i “civili”.
Ho fotografato il funerale di Kervin Arthur, ucciso a Lenasia durante uno sgombero. I membri della comunità non solo gli hanno sparato ma lo hanno anche pugnalato più volte. Stavano anche per bruciarlo, ma poi le Red Ant sono intervenute hanno portato via il suo corpo.
La violenza genera violenza, lo sappiamo ma tu hai dimostrato che le operazioni non sono sempre e solo criminali.
Le formiche rosse sono tutte persone con storie diverse. Alcuni sono dei criminali, ex galeotti ma altri sono uomini normalissimi, brave persone che fanno questo lavoro solo per sbarcare il lunario perché di lavoro non ce n’è. Ci sono giovanissimi e meno giovani, in generale vanno dai 18 ai 60 anni.
E gli sfrattati dopo le operazioni dove si rifugiano?
Vanno a occupare altri edifici, spesso in condizioni ancora più difficili delle precedenti. È un circolo vizioso che non finisce mai perché il governo non sta facendo abbastanza per risolvere la situazione. Ci sono persone in lista d’attesa per una casa popolare da 10 anni. Aspettano, aspettano e a causa della burocrazia e della corruzione vedono quelle che dovrebbero essere le loro case, sfuggirgli da sotto il naso perché vengono assegnate ad altri. O addirittura succede che a causa dei vari passaggi burocratici gli edifici costruiti e finiti rimangano vuoti per sei mesi o anche per un anno. E l’odio inevitabilmente si auto-alimenta.
Finisco di tradurre e scrivere l’intervista e penso che non voglio chiudere con questa frase. Per questo vi lascio con questa immagine di una formica rossa che assiste una signora anziana durante lo sfratto di un edificio. Non voglio rinunciare a quel briciolo di umanità che James ha visto nelle Red Ants. E non voglio che ci rinunciate neanche voi.