di Sara Rota
Giuseppe Nucci è un fotografo documentarista nato nel 1982 in un paesino di montagna in Molise. Laureatosi quasi senza voglia nel 2009 riceve in regalo una macchina fotografica che influenzerà tutte le decisioni prese negli anni a venire e che lo porterà a tornare nei luoghi natii per raccontarne la storia. E Giuseppe ci porta proprio in Molise, passando dall’Abruzzo, fino alla Basilicata e la Puglia, con il suo ultimo lavoro Along the Shepherds’ Highways, un progetto sviluppato negli ultimi quattro anni che presto diventerà anche libro, attualmente pre-ordinabile sulla piattaforma di Crowdbooks.
1. Inizio con una domanda di rito, quando hai cominciato ad interessarti di fotografia?
Ho iniziato ad interessarmi alla fotografia quando, dopo aver conseguito la laurea, mi hanno regalato una reflex. Da quel momento il viaggio di scoperta che mi ha regalato questo strumento è stato, senza dubbio, qualcosa che mi ha cambiato profondamente a livello interiore.
2. Perchè hai scelto proprio il fotogiornalismo?
Direi che la scelta non è stata poi così immediata, in quanto all’inizio di questo percorso il ritratto e la fotografia “commerciale” erano il mio vero focus. Ad un certo punto, ho sentito il bisogno di fare uno step importante verso lo storytelling e ambienti intellettualmente più stimolanti.
3. Quale è stato il tuo primo lavoro?
DEntroTerra, una storia realizzata interamente in alto Molise, dove sono nato. Per me il racconto fotografico è stato un modo per tornare a casa e guardare le cose, anche vicine, diversamente.
4. Perchè hai scelto di raccontare la transumanza e i tratturi e come si è poi sviluppato il lavoro di “ALONG THE SHEPHERDS’ HIGHWAYS”?
La parola tratturo è qualcosa che mi ha circondato sin dall’infanzia, ma non ho mai percepito la storia celata lungo queste antiche strade. Nel 2018, dopo aver portato a termine una progetto in Russia, ho sentito il bisogno di ritornare a casa e di ripartire dalla mia regione d’origine. Questo nuovo viaggio iniziato dal Molise e dalla transumanza della famiglia Colantuono, mi ha portato a scoprire in maniera più approfondita regioni come Puglia, Abruzzo e Basilicata.
5. Cosa ti ha affascinato così tanto da sentir l’esigenza di documentare questa realtà?
La vita dei pastori, il contatto con gli animali e la natura unito a quel gran bisogno di restare attaccato a “luoghi minori”. Il modo migliore di raccontare una storia è trovare qualcosa che accenda in noi il fuoco della passione. Il mondo dei pastori, una delle ultime figure romantiche sopravvissute alla civiltà dei consumi, visivamente racchiude un fascino immortale ai miei occhi.
6. Secondo te, come fanno a vivere ancora queste tradizioni così antiche nonostante la continua, e sempre più veloce, evoluzione della nostra società?
Resistono in luoghi distanti dalle città dove lo spopolamento è un vero e proprio fenomeno sociale. Molte tradizioni rappresentano – per le persone che vivono ancora in questi luoghi – un motivo per stringersi e ritrovare il senso di comunità. La loro sopravvivenza è qualcosa di strettamente legato all’identità dei luoghi, laddove le sirene del modernismo sono più fievoli.
7. In questo progetto hai attraversato diverse regioni d’Italia e conosciuto persone appartenenti a questo mondo, come ti sei approcciato a loro e cosa ti hanno lasciato in questo tuo lungo viaggio?
Ho approcciato questo mondo con molta umiltà e sacrificio, spesso e volentieri finendo per aiutare molti di loro nel quotidiano. Ho cercato di vivere l’esperienza allo stesso livello dei protagonisti, per cercare di restituire un maggior senso di autenticità alle fotografie. Porterò con me tantissimi momenti, non strettamente legati alla fotografia, alla fine di questo viaggio.
8. Secondo te, perché vale la pena conoscere la transumanza, i tratturi e tutto ciò che ne è connesso?
Vale la pena conoscerla per restituire un senso a questi luoghi e a quello che custodiscono. I significati si perdono e a noi non arriva che un flebile eco di quello che è stato. È importante saper leggere la storia dei territori per costruire in noi una coscienza e una conoscenza ben oltre quella portata dal turismo mordi e fuggi.
9. Durante i quattro anni in cui hai svolto questo lavoro, quali sono state le difficoltà che hai incontrato?
Le difficoltà maggiori, talvolta, sono state fisiche e logistiche. Scalare una montagna per cinque ore e dormire in una grotta, oppure seguire per 180 km a piedi una famiglia nell’arco di quattro giorni richiede una forma mentis particolare, che implica uscire dalla propria comfort zone. Niente di trascendentale paragonato a lavori in territori molto più aspri e difficili.
10. Secondo te, cosa può trasmettere il tuo libro a chi si accinge ad esplorarlo e con che occhi va guardata questa realtà da chi è così distante da essa?
Il libro racchiuderà sensazioni, visioni e momenti che spero restituiscano in chi osserva questo lungo viaggio. Concettualmente, al giorno d’oggi fare un libro è ben diverso rispetto al passato, all’osservatore è richiesto di fare uno sforzo in più. La realtà ritengo vada guardata sempre con occhi curiosi e attenti.
11. Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere?
Una volta pubblicato il libro mi piacerebbe portarlo in giro, presentandolo nell’arco dell’estate sopratutto nei luoghi a cui più si lega. Chiudere un lavoro di quattro anni non è mai facile, e come tutte le cose che finiscono portano con sé interrogativi e domande. Le risposte sono dentro di noi e bisognerà cercarle senza nessuna fretta.
12. All’inizio ti ho chiesto quando hai cominciato ad interessarti di fotografia e immagino che per chi fa questo mestiere la fotografia sia un’esigenza troppo grande da poter ignorare, ora ti chiedo cosa continua a spingerti a farlo?
Mi spinge la passione, perché trasformarlo in un lavoro puramente legato al business uccide tutto il fascino che può racchiudere l’atto del guardare. Viviamo nella società dell’immagine ma abbiamo dimenticato l’importanza delle storie e del giornalismo lento da cui scaturiscono scoperte e analisi ricche di significati. Spero con il passare del tempo di preservare questo approccio che preferisce la profondità e la lentezza alla superficialità mordi e fuggi.
Qui la campagna per il crowfunding per il libro grazie all’editore Crowdbooks.
Qui il link per vedere altri lavori di Giuseppe Nucci.