
Ci racconti la tua storia da fotografo?
Io studiavo ingegneria prima di iniziare la mia carriera da fotografo.
Un ingegnere mancato?
Molto mancato! (ride). Quando ho smesso me ne sono andato un po’ in giro tra gli Stati Uniti, l’Inghilterra e altri posti, così mi è venuta la curiosità per la fotografia e il giornalismo. E poi sono arrivato in Russia, una tappa importante che ha cambiato la mia professione.
Come mai hai scelto proprio la Russia?
Era un periodo particolare della mia vita e volevo andare da qualche parte dove non parlavo la lingua, non conoscevo nessuno, faceva freddo ed ero sicuro che sarei stato estremamente depresso. E’ andata esattamente così, poi è scattata una forma di amore e odio. Andai a Mosca per Contrasto, dovevo restare solo 6 mesi e invece rimasi quasi 2 anni. Da questa esperienza è nato, 5 anni dopo, il libro Dushia.

Lavorare per un’agenzia è sempre stata un’esigenza?
Lo è stata all’inizio ed era anche un’ottima occasione 10 anni fa quando ho iniziato, adesso lo è di meno perché le agenzie oggi sono un po’ indietro rispetto al mercato della fotografia. Ha chiuso Grazia Neri, ma tutte le altre come Contrasto, Magnum, VII hanno le stesse difficoltà.
A proposito di mercato, come vedi l’era del digitale?
Niente contro il digitale, anche se io lavoro ancora con pellicola.
La preferisci?
Piuttosto utilizzo delle macchine che non esistono in digitale, medio formato a telemetro. Non amo le reflex.

E il multimediale?
Quella è un’altra faccenda. Il multimediale non esiste, credo. Almeno non è ben chiaro nel mondo della fotografia. Musica e fotografia? Allora è bimediale! C’è parecchia strada ancora da fare…
Quindi non ti va di sperimentare?
In realtà sperimento però non contemporaneamente. E’ difficile fare tutte queste cose insieme e poi sono un uomo quindi è praticamente impossibile (ride).
Però sei uno versatile, hai vinto il WPP con foto di guerra e foto di moda…
Si, diciamo che sono specializzato in fotografia documentaria. Per quanto riguarda la foto di moda selezionata per il WPP è stato davvero un caso, d’altronde il WPP è davvero un terno a lotto.

I miei progetti a medio-lungo termine, come la Russia, il Caucaso, il mio nuovo progetto sul Mediterraneo.Parlaci un po’ di questo tuo nuovo progetto…
Ho appena iniziato, si chiamerà Reversed Sea ed è nato osservando gli ultimi avvenimenti delle rivolte arabe e poi da un dipinto del Mediterraneo capovolto del XIII secolo che ha quindi una visione non eurocentrica ma afrocentrica. Quindi ho pensato che poteva essere interessante rivalutare l’importanza del Mediterraneo. Come lo realizzarò è ancora da decidere sulla base di avvenimenti e ispirazioni. Tra l’altro sono felicemente costretto a farlo perchè il progetto è finanziato dalla Fondazione World Press Photo e Maurice Lacroix.In genere come ti organizzi con il lavoro?
Faccio un sacco di fatica e cerco un’assistente (ride). Prima era diverso perché c’erano i giornali come interlocutori primari, adesso bisogna fare un po’ tutto: gli editori, gli organizzatori, i producer, i fotografi, i post-produttori, i divulgatori e i curatori.
E tu riesci a fare tutte queste cose?
Ovviamente no! Ci sono persone di cui mi fido che mi danno una mano. Comunque tornando al discorso di come mi organizzo, prima ragionavo molto di più in termini commerciali mentre adesso cerco sempre di fare qualcosa che mi interessa realmente. Anche perché adesso che i principali interlocutori non sono più i giornali, poter lavorare per 3-4 anni su un progetto medio-lungo in giro per il mondo costa tanto…
Se non sono più i giornali, chi sono adesso i tuoi interlocutori primari?
I Grant e le fondazioni. Quest’anno ho sopravvisuto molto con i premi. I giornali restano un’ottima vetrina, ma non danno più i soldi di una volta.
Tra i giornali, in Italia, che trattano meglio la fotografia?
Internazionale. I quotidiani non li prendo proprio in considerazione, perché fanno un uso grezzo della fotografia.
Internet?
Quando si riuscità a capire come si fa a farsi pagare, funzionerà. E’ sempre un’ottima vetrina, in particolare per i progetti.
Secondo te il digitale e internet potrebbero offire nuovi sbocchi lavorativi?
Perché no! Servizi per il fotografo, direi. Serve ad esempio anche qualcuno che possa curare un blog. Io ne ho uno nuovissimo per il progetto sul Mediterraneo che sfrutterò molto con immagini di backstage, video e interviste.
Bianco e nero o colore?
Colore. E’ un elemento che serve a costruire delle sensazioni così come lo sono la forma, la luce, le geometrie. Anche perché io non sono interessato a svelare delle grandissime verità. Il mio obiettivo è stimolare la curiosità, la mia e di chi guarda le mie foto.

Abbinare alle immagini la scrittura?
Si, assolutamente. Come diceva Scianna “la fotografia mostra, ma non dimostra e il testo può aiutare a completare l’opera”. Per quanto riguarda poi le pubblicazioni, per me sono una sorta di completamento dell’opera, ma anche un altro prodotto rispetto alla fotografia. Un oggetto nuovo e bello.
A un giovane che volesse iniziare questo percorso, che diresti?
Di fotografare solo quello che gli interessa e di non perdere mai la curiosità. Non so se serve tanto la scuola, meglio ‘fare’ da subito.
Il futuro del fotogiornalismo secondo te in che direzione va?
Verso Ovest, alla conquista!
http://www.davidemonteleone.com/
Principali pubblicazioni:
Dusha Russian Soul – Edizioni Postcart 2007
La Linea Inesistente – Contrasto 2009