Il lockdown visto da Taranto

Per certi versi la quarantena da coronavirus non è una cosa nuova nella città pugliere in quanto a causa dell'inquinamento degli stabilimenti dell'ex Ilva, molti cittadini sono stati costretti a misure di contenimento

Taranto. 25 Aprile 2020. Rione Tamburi.
Taranto. 25 Aprile 2020. Rione Tamburi.

Di Cosimo Calabrese / Foto dell’autore

Viste da Taranto, la gestione e la narrazione dell’emergenza Coronavirus e del lockdown mostrano tutte le loro fragilità e le loro laceranti contraddizioni.

Taranto, 29 Aprile 2020. Area chiusa per inquinamento nel rione Tamburi

A Taranto si parla di emergenza sanitaria dovuta alle emissioni inquinanti dello stabilimento Arcelor Mittal (Ex-Ilva), da almeno un decennio. A questa crisi non è stata trovata una soluzione concreta, anzi, i 12 decreti approvati dal 2012 al 2019, hanno avuto il solo effetto di aggravare la situazione di chi lavora e di chi vive all’ombra della grande industria. L’emergenza viene normata e normalizzata, ma non risolta.

Taranto, Maggio 2019. Il rione Tamburi visto dalle colline ecologiche dello stabilimento Arcelor Mittal

La crisi sanitaria legata al Covid-19 non è, ovviamente, paragonabile a quella di Taranto, sia dal punto di vista sanitario sia per le sue dimensioni globali, ma il modo in cui lo Stato sta gestendo la situazione e gli scenari che si prospettano nell’immediato futuro possono portare a diversi spunti di riflessione, tenendo presente i fatti accaduti in riva allo Jonio nell’ultimo decennio.

Il lockdown che già c’era

Il lockdown per ragioni sanitarie, in alcune aree adiacenti all’Ex-Ilva, è permanente ormai da qualche anno. Basta fare un giro nel rione Tamburi, il più vicino ai parchi minerali dello stabilimento, per imbattersi in cartelli di divieto di accesso e recinzioni provvisorie o permanenti intorno ad aree contaminate. Gli abitanti del quartiere hanno anche fatto esperienza della chiusura delle scuole e della restrizione della mobilità durante quelli che sono stati brillantemente definiti da ASL e Regione “Wind Days”. Una situazione di emergenza perenne e assurda per chi vive nelle zone interessate. I bollettini previsionali dei “wind days” sono annunciati e revocati spesso nel giro di poche ore, rendendo difficile organizzare la vita quotidiana delle persone.


Se il vento tira troppo forte nella direzione sbagliata anche aprire le finestre in determinate fasce orarie rappresenta un pericolo per la salute. Le prescrizioni della ASL, tra l’altro, sono state ritenute erronee da uno studio indipendente svolto da Cristina Mangia, ricercatrice dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche, insieme al suo team di ricerca, pubblicato il 24 gennaio su Air Quality, Atmosphere & Health. Dal marzo del 2019 alla fine dello scorso anno scolastico, due degli istituti del quartiere sono stati chiusi per questioni sanitarie. Gli alunni sono stati smistati e costretti a fare i turni pomeridiani negli altri, già sovraffollati, plessi scolastici del quartiere. Plessi scolastici distanti soltanto poche centinaia di metri da quelli chiusi, quindi probabilmente esposti agli stessi livelli di inquinamento. Un ottimo esempio di come la politica sia riuscita a negare diritto alla salute e all’istruzione con una sola confusa mossa.


Le cause mai risolte

Negli ultimi anni nessuno è intervenuto per risolvere la questione partendo dalle cause, ma si è cercato soltanto di limitare gli effetti. Si è deciso di non chiudere la fonte inquinante, causa di migliaia di decessi ogni anno, per salvaguardare la produzione industriale. Le conseguenze di questa politica sono tutte a carico di chi lavora nello stabilimento, che viene licenziato o messo in cassa integrazione e in ferie forzate, e di chi vive a Taranto, non solo costretto a convivere con le conseguenze mortali dell’inquinamento e a vedere chiuse le attività economiche non essenziali (soprattutto quelle legate al settore agricolo e ittico) ma anche a subire limitazioni dei diritti fondamentali,come quello all’istruzione e alla libertà di movimento.

Taranto. 25 Aprile 2020. L’ingresso della portineria C. Nonostante le misure di contenimento riguardo il Covid-19 e alcuni casi verificati all’interno dello stabilimento, migliaia di lavoratori continuano a lavorare nell’impianto siderurgico Arcelor Mittal
Taranto. 25 Aprile 2020. Via Lisippo, nel quartiere Tamburi, una delle strade più esposte all’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico di Taranto. L’emergenza sanitaria nel quartiere è iniziata ben prima del Covid-19
Taranto. 25 Aprile 2020. Sedie e tavoli all’esterno di un chiosco in via Raimondello Orsini, nel quartiere Tamburi

Tenere aperte le aziende

Quando, da Taranto, veniamo a sapere che il Coronavirus si è diffuso in maniera così diffusa nella zona di Bergamo e Brescia per le pressioni degli industriali e che in pieno lockdown, mentre i droni inseguono i runner nei parchi e gli anziani sulle spiagge, soltanto 30 mila lavoratori su 1,6 milioni sono rimasti a casa in Lombardia non siamo quindi per niente stupiti. Le ragioni di Confindustria Lombardia sono le stesse che qui prevalgono ormai da decenni. Le gravissime conseguenze della scelta di tenere aperte le aziende, che hanno portato al moltiplicarsi dei casi e alla decisione del Governo di chiudere tutti in casa, le stiamo pagando tutti. Tutti tranne quelli che hanno colto l’occasione per aumentare il profitto in questa situazione di emergenza. Mentre viviamo una sostanziale limitazione dei diritti che avrà ripercussioni economiche e sociali terribili già a breve termine, nelle grandi aziende si continua a lavorare (e ad ammalarsi).


Le responsabilità politiche

Da queste parti sappiamo anche come, in un’emergenza sanitaria, sia più facile scaricare le responsabilità sui cittadini piuttosto che agire sulle reali cause del problema. Ricordiamo ancora i tentativi di mistificazione del ministro dell’Ambiente e del Territorio Corrado Clini, arrivato ad affermare che il quartiere Tamburi sia stato costruito dopo l’Ilva, e il patetico tentativo di Enrico Bondi, commissario straordinario dell’Ex-Ilva, di attribuire i morti per patologie polmonari all’uso smodato di tabacco e alcol da parte dei tarantini. Vale la pena ricordare che sia Clini che Bondi erano due “tecnici”, messi lì dalla politica per risolvere i problemi. Tecnici che sono arrivati a ipotizzare un’evacuazione di massa degli abitanti di Taranto pur di salvaguardare la produzione e le logiche del profitto.

Taranto. 25 Aprile 2020. Uno degli edifici della Scuola media secondaria Ugo De Carolis, nel quartiere Tamburi. Le scuole del quartiere Tamburi, in particolare quelle a ridosso delle “colline ecologiche”, dal 2018, hanno subito temporanee chiusure per ordinanze sanitarie dovute agli alti livelli di inquinamento durante i cosiddetti “Wind Days”
Taranto, 29 Aprile 2020. Area verde nel quartiere Tamburi recentemente recintata da Arcelor Mittal
Taranto, 25 Aprile 2020. L’ingresso del cimitero di San Brunone
Taranto, 29 Aprile 2020. Via Lisippo, una delle strade più esposte all’inquinamento di Arcelor Mittal

Andrà tutto bene?

Per questo, dalle rive dello Jonio, guardando lo stato delle cose e gli stessi meccanismi nella gestione di questa emergenza sanitaria, non siamo per niente sicuri che “andrà tutto bene”. L’incapacità e la mancata volontà di risolvere i problemi alla fonte è la prassi conclamata di una classe politica completamente asservita alle logiche del profitto. Se a livello locale queste modalità di gestione hanno avuto effetti drammatici, siamo sicuri che su scala globale questi dispositivi avranno effetti devastanti e il mantra “nulla sarà come prima” ripetuto su tutti i media questi giorni assume dei contorni tremendamente sinistri.