“Viaggi per rivivere il tuo passato? – era a questo punto la domanda del Kan, che poteva anche essere formulata cosi: – Viaggi per ritrovare il tuo futuro? E la risposta di Marco: – L’altrove é uno specchio in negativo. Il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà.”
(Italo Calvino – Le città invisibili)
Molte sono le ragioni per partire. Si parte per ricordarsi chi siamo, per riempire una mappa vuota. Si ha la sensazione che lì batta il cuore del mondo. Si parte per entrare in contatto con altre identità umane, per percorrere le molteplici vie della fede. Si parte perché si è giovani e si desidera toccare l’eccitazione del mondo, bruciare le miglia, per sentire la polvere sotto i propri passi. Si parte perché si è vecchi e si vogliono conoscere quante più cose possibili prima che sia troppo tardi. Si parte per scoprire quello che succederà. Se innumerevoli sono le strade da percorrere, una sola tuttavia rimane, nell’immaginario comune, la via per eccellenza: la Via della Seta, un reticolo di circa 8.000 km di itinerari terrestri, marittimi e fluviali lungo i quali nell’antichità si snodavano i principali commerci fra l’impero cinese e quello romano. Sono poche o forse nessuna le realtà comparabili di mondi in superficie lontanissimi eppur connessi fra loro dall’origine dei tempi.
La Via della Seta da sempre è il passaggio obbligato e il punto speciale d’incontro della cultura tra Oriente e Occidente. Le ripide pareti montuose di Fergana, che chiudono a strapiombo l’aspra via di transito, hanno visto Marco Polo, Gengis Khan, Tamerlano lasciare orme indelebili di un leggendario cammino nella letteratura, nella storia dei popoli e nell’architettura straordinaria. Questo passaggio ancora oggi unisce, come la cruna dorata di un ago, un patrimonio inestimabile: qui si lega l’arte sublime delle favolose città di Khiva, Bukhara e Samarcanda, oltre il difficile confine uzbeco con l’intatta armonia d’incredibili colori e forme delle catene montuose kirghise. Superate le cime celesti, pellegrini, avventurieri, mercanti e sognatori ancora s’incontrano nei mille volti dei Buddha che il deserto custodisce gelosamente fra le sue dune cantanti. Merci rare e preziose, al pari di antiche credenze o curiose usanze, hanno dato vita ad un’originale koiné culturale capace di avvicinare popoli solo in apparenza lontani. Quel che oggi sembra tanto distante si rivela, da millenni, intimamente intrecciato. La virtù della parola e il fiuto per gli affari si sono sostituiti alla spada e ai cercatori di tesori, ma ancora l’antica via raduna genti e avvicina popoli con la stessa immutata forza che qui spinge gli uomini a incontrarsi. Che le sorti del mondo dipendano da ciò che avviene in questa vasta zona del mondo, è una percezione antica, confermata quotidianamente da guerre, trame e agguati che riportano il Grande Gioco alle cronache d’oggi. Una storia quanto mai utile da conoscere.
Leggi il reportage completo di Matilde Castagna su Witness Journal 77