Gli invisibili #10

Storie, interviste e contributi di fotoreporter tenaci

Usciamo nuovamente con un’altra intervista per la rubrica Gli invisibili a distanza di pochi giorni dalla chiusura della seconda edizione di Closer 2018 e a meno di una settimana dai fatti di Macerata, dove Luca Traini, un ragazzo di 28 anni con evidenti convinzioni fasciste e razziste ha sparato contro sette cittadini e richiedenti asilo provenienti da paesi dell’Africa. Come giornale ci siamo sempre occupati, e continueremo a farlo, di questioni migratorie, pubblicando molti reportage che raccontano la vita, le tragedie, le sofferenze e a volte le vittorie di chi è stato costretto a compiere la scelta più infame e dolorosa: quella di abbandonare la propria casa, il proprio paese e talvolta anche la propria famiglia per sfuggire a guerra, povertà e persecuzioni.

Luca Traini rappresenta il condensato spietato e incontrollabile di un clima, brutto e pericoloso, che sta attraversando l’Italia e l’Europa intera. Un clima che scarica sul fenomeno migratorio la causa della crisi e dell’insicurezza diffusa. Una insicurezza che è solo percepita perché se si guarda i dati il numero dei migranti è in parte calato e la loro diffusione sul territorio nazionale è maggiormente spalmato.

I migranti entrano così di nuovo nella campagna elettorale non come oggetto di discussione sul problema e sulle opzioni di accoglienza ma in modo strumentale, come benzina da gettare sul fuoco, per alzare la tensione, per parlare alle viscere più profonde delle persone e stimolare i sentimenti più tribali. L’obiettivo è quello di incanalare la rabbia sociale e il pregiudizio culturale verso chi è più debole, usandolo come grimaldello per provare a confezionare un buon risultato alle prossime elezioni. Allora possiamo dirlo tranquillamente che Luca Traini è un fascista, violento e antisociale, possiamo e dobbiamo dire che in Europa è tornato a soffiare un vento razzista, fascista, antidemocratico spesso alimentato da quelle forze populiste e destre che sperano di trovare un posizionamento solido nell’equilibrio politico. Ma una volta che ci siamo detti questo è necessario e urgente capire chi e come si pone come argine trasversale a questo vento feroce e brutale.

Questa settimana pubblichiamo l’intervista a Stefano Costantino, fotoreporter calabrese ma da molti anni romano di adozione.

 

Quando hai scoperto la tua passione per la fotografia?

Diciamo pure da sempre, è una passione di famiglia. Mio padre scatta a livello amatoriale e così ho potuto iniziare a prendere confidenza con le sue reflex e con la camera oscura per il bianco e nero.
Durante gli studi universitari ho unito le mie due passioni: architettura e fotografia, realizzando un “Atlante Fotografico delle Patologie Edilizie” che è diventato la mia tesi di laurea.

Ancora oggi la fotografia d’architettura mi accompagna accanto al fotogiornalismo.

Quando è diventata un lavoro?

Nel 2006 ho iniziato la mia esperienza lavorativa collaborando, per quattro anni, con il quotidiano regionale “Calabria Ora” come secondo fotografo nella redazione di Reggio Calabria. Nel 2009 ho avuto l’opportunità di fare uno stage a Roma presso l’agenzia ANSA. Questa esperienza mi ha catapultato nel mondo del fotogiornalismo a carattere nazionale e internazionale, mi ha iniziato al confronto con fotografi molto più esperti e mi ha fatto capire che questa era la strada che volevo percorrere.

Lavori per qualche agenzia o sei un freelance?

Da fine 2010 mi sono trasferito definitivamente a Roma ed ho sempre lavorato come freelance collaborando con varie agenzie estere, poi nel 2016 ho collaborato con l’agenzia LaPresse.
Al momento le mie immagini vengono distribuite in esclusiva dall’agenzia americana The Mega Agency.

Di cosa ti occupi nello specifico?

Sono principalmente un vaticanista, ormai da parecchi anni il mio lavoro lo dedico a seguire le attività del Santo Padre.

Allo stesso tempo però mi occupo anche di news, politica, moda e spettacolo. Il nostro è un lavoro moss dalla curiosità della notizia, sempre pronti a tutto per portare a casa delle buone immagini che parlino ai lettori.

In cosa consiste il tuo lavoro quotidiano?

Gran parte dei servizi che riguardano il Vaticano hanno delle programmazioni settimanali che riesco a gestire e organizzare già in anticipo, per il resto occhi e orecchie sempre tese al web, ai giornali e ai telegiornali per restare sempre aggiornato.

Per quale motivo ritieni, e se lo ritieni, che il mercato dell’editoria fotografica sia in crisi?

Diciamo che il mercato editoriale ha molto risentito della crisi generale che ha colpito tutti e il fotogiornalismo in particolare è stato colpito in maniera più profonda, con drastici tagli sui prezzi delle immagini. Purtroppo oggi i professionisti si trovano a lottare contro una concorrenza sleale: “le foto dei lettori”, foto di chi non fa questo mestiere ma, trovandosi sul luogo della notizia, scatta una foto e la regala ai giornali. In altri casi sono i giornali stessi a prendere, in maniera indebita, immagini dai social network ripubblicandole senza verificare realmente che cosa stanno pubblicando.

Come vedi il ruolo del foto giornalismo oggi alla luce della crisi del sistema editoriale?

È un ruolo che resta immutato. Il fotogiornalista non produce solo una bella fotografia ma deve raccontare una notizia attraverso le immagini. Il fotogiornalista arriva sul posto, si informa e approfondisce l’accaduto, scatta le sue immagini e attraverso queste racconta, nella maniera più imparziale possibile, la storia al lettore. Potrà mai accadere questo con le immagini di un passante?

Secondo te è corretto dire che il foto giornalismo è morto, questa affermazione ha secondo te un fondamento di verità?

Assolutamente no! Il fotogiornalismo sta solo cambiando così come sta cambiando l’informazione. Il mondo si evolve e anche il nostro lavoro lo deve fare.

Ammesso che esista, quale è per te l’etica del foto giornalismo?

Raccontare ogni storia nella maniera più imparziale e onesta possibile.

Quale è il significato oggi di “fare informazione”? Il fenomeno del citizen journalist non è arrestabile e ha ridefinito nuove modalità del mestiere del giornalista e del foto giornalista. Quali saranno a tuo avviso le prossime evoluzioni? In che direzione andrà questo mestiere?

È necessario ridare importanza alla professionalità del fotogiornalista, di chi approfondisce la notizia e la verifica, di chi si assume la responsabilità dell’autenticità e del contenuto di uno scatto, di chi segue un’etica giornalistica nel suo lavoro, di che dedica tempo e attenzione a realizzare una foto capace di parlare da sola.

Tutto questo non credo sia proprio il sistema di fare informazione che può garantire il “citizen journalist”, di una persona che compra una macchina fotografica e inizia a scattare immagini in giro per la città senza seguire una logica.

È questo che dobbiamo garantire per far fronte alla diffusione di figure non giornalistiche nel sistema informativo: professionalità e certezza delle fonti contro improvvisazione e inesperienza.

Quando vedi gallery sui quotidiani online di 170 foto cosa pensi?

Penso soltanto: Clickbait! Più foto, più click.

Ed è subito noia… Quintali (si proprio a peso) di foto buttate là senza un filo logico o stilistico, si è persa la figura del photoeditor che sceglieva le foto con attenzione e che oggi manca in molte redazioni.

Quando ad un evento o su un fenomeno drammatico come le rotte migratorie attraverso i Balcani o ancora ai festival del cinema ti trovi con un numero di colleghi spropositato, cosa pensi?

Da una parte c’è una maggiore richiesta di immagini che implica la presenza di un numero maggiore di colleghi che coprono un evento, dall’altra c’è una facilità di accesso ad attrezzature e ad eventi per persone che prima non potevano fare questo mestiere. Perciò ci si ritrova con un alto numero di colleghi unito ad un alto numero di “finti-colleghi” che hanno il solo scopo di pubblicare qualche loro fotografia sui loro profili social. Spesso chi organizza gli eventi dovrebbe fare più selezione nel concedere gli accrediti.

Tutte le immagini pubblicate nella gallery sono di © Stefano Costantino

 

 

Stefano Costantino nasce nel 1980 a Reggio Calabria dove compie i suoi studi laureandosi in Architettura. Inizia a fotografare da giovanissimo fino a trasformare la passione in professione.
Dopo una prima esperienza fotogiornalistica di quattro anni nel quotidiano regionale Calabria Ora si trasferisce a Roma lavorando come freelance per varie agenzie italiane e internazionali documentando notizie riguardanti Vaticano, cronaca, politica, moda e spettacolo e pubblicando le sue immagini sulle principali testate nazionali ed estere.