Galimberti: scatti sussurrati

A tu per tu con Maurizio Galimberti, abbiamo intervistato un artista e un uomo dalla grande sensibilità, appassionato e completamente dedito al suo lavoro, che non dimentica però gli affetti e l'origine da cui è nato tutto

Fotografia di Maurizio Galimberti
Fotografia di Maurizio Galimberti

 

Intervista a cura di Manuela Cigliutti

Leggendo qua e là sulla tua pagina fb scopriamo un Maurizio Galimberti molto sensibile rispetto all’artista concentrato che abbiamo incontrato durante le sue performance. Ci racconti come vivi la tua vita, organizzata tra lavoro e affetti?
Da quando ho iniziato a fotografare fino ad oggiho vissuto una vita di grandi isolamenti perchè purtoppo o per fortuna, la fotografia è un’ossessione e quindi mi sono sempre dedicato a lei. Non ho curato a dovere i rapporti personali o quelli famigliari o eventuali “fidanzate” perchè se vai in vacanza in compagnia non puoi stare sempre in giro a far foto. E’ una specie di malattia. Ho bisogno di isolarmi per capire quello che faccio, la mia fotografia non è accademica sono io che cerco i miei soggetti e quindi è molto complicato. La mia è una fotografia fatta di molte solitudini. Nella mia vita c’è molta nostalgia per la famiglia che non c’è più e per i genitori e per una vita fatta di quotidianità e routine che invidio a molti. Al di là di tutto non potrei rinunciare alla fotografia, è una moglie una madre un figlio, e ho fame di fotografia.

Fotografia di Maurizio Galimberti
Fotografia di Maurizio Galimberti

 

Dove ti rifugi quando hai tempo libero?
Vivo di fotografia 24 ore su 24 ma mio nipote, i figli e il rapporto con mia mamma, chiacchierare con lei o con una persona a cui voglio bene sono il mio rifugio. Fondamentalmente però sono rifugi veloci perchè ho sempre bisogno di fotografare; è un bisogno fisico non solo economico. Non faccio vita mondana e cerco di leggere ma tutto ruota intorno alla fotografia.
Cosa leggi solitamente e cosa studi? da dove ti piace aggiornarti?
Leggo libri di fotografia e sul cinema perchè mi rendo conto che la fotografia che c’è in un certo cinema è meravigliosa. “Ho affittato un killer” Film di Aky Kaurismaky è l’ultimo film che mi è piaciuto tantissimo e mi ha permesso di scoprire personaggi interessanti, come Erwin Olaf che ricerca contaminazioni tra foto pittura e cinema.

E’ vero che se non avessi fatto fotografia avresti fatto il regista?
Dicono che ho un buon occhio fotografico e lo sguardo del killer, grazie alla polaroid ho unpunto di vista diretto e quindi mi sarebbe piaciuto fare anche cinema Il cinema però ha bisogno di staff, di sinergie e di una troupe io invece sono assolutamente isolato e mi piace lavorare isolato altrimenti non sento e non vedo l’immagine.

Come arrivi alla tua opera finale, in particolare ai mosaici?
Prima vedo qual è il soggetto da fotografare e mi metto di fronte, decido il punto di vista e il formato, anche se il formato viene poi a pelle perchè so quando inizio ma non quando finisco. Mi metto davanti e poi dall’alto in basso, da sinistra a destra, realizzo il lavoro e la cosa importante è che non cambio nessuno scatto, non ne tolgo nessuno e tutto è così come è stato scattato. C’è una sorta di attesa ma poi parto e faccio il mosaico. E’ un lavoro virtuale e istintivo legato alla musica è come se dividessi lo spazio in particelle musicali, è come essere un musicista. Come quando Glenn Gould suonava le variazioni di Bach era dentro alla musica con la sua vita e le sue tensioni e io faccio la stessa cosa con la fotografia. E’ una fotografia di pancia che non si può progettare a tavolino; la mia progettualità è legata al linguaggio visivo ma non alla singola opera.
Hai fotografato tante persone, importanti e famose, chi ti rimane da fotografare? Ti manca qualcuno?
Mia mamma, ma non potrei mai farlo perchè è un’emozione troppo forte. Perchè i miei ritratti (come ha scritto recentemente una persona che mi è cara) “ti prendono l’anima per un attimo e la convertono in fotografia per l’eternità”. Ritrarre una persona a cui sei legato dà una scossa incredibile.
Mi sarebbe poi piaciuto ritrarre il Papa uscente perchè personaggio straordinario, ho recentemente fotografato il cardinale Scola e se diventa Papa avrò un ritratto anche di un Papa. Magari gli porto bene. Ho portato fortuna a molte persone che ho fotografato alcuni hanno vinto l’oscar. Mi piace ritrarre persone che hanno la capacità di emozionare il mondo.

Fotografia di Maurizio Galimberti
Fotografia di Maurizio Galimberti

 

Così come hai scattato i paesaggi Italiani, hai mai pensato di ritrarre le persone comuni in giro per l’Italia?
Le persone sono difficili le pellicole scarseggiano e il lavoro di catalogazione che ne verrebbe dopo ha poco a che fare con la natura del mio lavoro. Devo dare, inoltre, un senso economico e il materiale prodotto deve interessare non so quanto possano interessare i visi di persone comuni. Anche Andy Warhol ha fotografato tante persone ma alla fine i ritratti che contano sono pochi. Se avessi avuto materiale in quantità smisurata probabilmente lo avrei fatto ma devo fare i conti con i costi e la vendita. Qua e là ho comunque molti ritratti di persone comuni anche io.

Hai iniziato ritraendo divi del cinema a Venezia e adesso torni nella città lagunare con il coronamento di una carriera, la mostra “Paesaggio Italia”
Venezia l’ho sempre amata e mi ha sempre inquietato, è una città che hanno fotografato tutti non è stato facile. Ma con forza e progettualità mettendoci me stesso sono riuscito a fotografarla. Prima nel 2004 e con gli attori del cinema, adesso con “paesaggio Italia”, Venezia è un segno del destino, è la città a cui sono più legato per il mio lavoro e spero che diventi il centro della cultura del mondo perchè non c’è posto migliore per fare mostre convegni e interscambi culturali con persone di tutte le culture; fotografi, pittori, artisti, registi e musicisti, è una palestra pazzesca legata dall’uomo e dalla poesia e sono onorato che Venezia ospiti la mia mostra.

Venezia è il coronamento che completa il tuo lavoro fino ad oggi?
si, Venezia è un privilegio e sono molto felice di ciò

Ci sono altri luoghi a cui sei legato oltre Venezia?
Parigi e New York, sono legato alla loro visione. Parigi perchè è una palestra per la mia fotografia e new York per l’architettura, i palazzi, i riflessi e gli effetti cromatici, si può fare musica con la sua architettura. Io però mi sento molto italiano e mi danno fastidio i luoghi comuni sugli italiani .

Fotografia di Maurizio Galimberti
Fotografia di Maurizio Galimberti

 

Un commento sul mercato dell’arte e della fotografia?
Il mercato dell’arte sta guardando la fotografia in modo interessante, forse molti autori non sono ancora pronti al salto. Io mi chiamo un pò fuori perchè usando Polaroid ho un risultato che è sempre un pezzo unico e il collezionista si avvicina a me come se fossi un pittore. Molti fotografi come il grande Gabriele Basilico, aveva un archivio perfetto e un modo di parlare delle sue tirature o della qualità di stampa certificata e professionale. In pochi sono come è stato Gabriele. Molti fotografi oggi non curano questi aspetti e dovrebbero avvicinarsi di più al mondo del fine art e dimenticarsi le grandi tirature. Helmut Newton poteva permettersi 25 copie ma un giovane emergente non dovrebbe fare oltre le 3 copie certificando gli inchiostri, la carta etc…le certificazioni di autentica a molti è sconosciuta e quindi i collezionisti non comprano, questo è un grandissimo problema.

La mostra di Venezia è frutto del lavoro di tante persone che hanno lavorato con te, vuoi ringraziare qualcuno?
Sono grato a Benedetta Donato, instancabile curatrice, e alle attenzioni dedicatemi da GiArt, grandi professionisti e grandi sacrifici economici per la realizzazione della mostra accompagnata anche da 2 volumi bellissimi, uno in italiano e uno in inglese editi da Marsilio. Ho avuto il privilegio di avere i contributi di Michele De Lucchi, Denis Curti, Nicola Piovani e di Giuseppe Mastromatteo. Luca Molducci_ha creduto nel mio lavoro e ha fatto sì che questi professionisti si avvicinassero a me in modo così serio, è poi stato molto bello lavorare con Civita Tre Venezie, Casa dei Tre Oci, istituzioni culturali di livello mondiale. Grazie a questo gruppo di persone che ha lavorato dopo di me! Io ho lavorato prima con gli scatti e le immagini e loro le hanno valorizzate con il loro contributo straordinario. Il fatto di essere sul Canal Grande in uno dei migliori musei e palazzi veneziani – Palazzo Franchetti, sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti – è un sogno che vale una vita. Quando ero lì ero emozionato e imbarazzato perchè è avvenuta una cosa oltre ogni mia previsione.

Fotografia di Maurizio Galimberti
Fotografia di Maurizio Galimberti