Fotografia tra realtà e finzione

Witness Journal incontra Roberto Roda ed Emiliano Rinaldi per affrontare uno dei dibattiti più longevi e per molti aspetti controversi relativi allo statuto ontologico della fotografia.

Fotografia tra realtà e finzione

Giovedì 13 dicembre 2018 – ore 19.00
Incontro con Roberto Roda ed Emiliano Rinaldi

Mostra fotografica: Guerre e cronaca nel Cortile di Casa (1969-1984).                                            I “falsi” fotoreportage di Bruno Vidoni (13/27 dicembre)

Witness Journal incontra Roberto Roda ed Emiliano Rinaldi per affrontare uno dei dibattiti più longevi e per molti aspetti controversi relativi allo statuto ontologico della fotografia.
Quello tra realtà e finzione è un equilibrio fragile, una forza tensiva che attraversa la fotografia in quanto medium “ingenuo” per antonomasia, costantemente in bilico tra composizione, creazione e riproduzione meccanica della realtà. Da circa quarant’anni, gli sviluppi tecnici che hanno portato all’avvento del digitale e gli orientamenti culturali di un’epistemologia postmoderna hanno stimolato accesi dibattiti sulla parzialità della verità. Ma già precedentemente, in molti avevano cominciato a ragionare sulle capacità del mezzo fotografico di essere mendace e di ingannare l’occhio dell’osservatore.

Bruno Vidoni (Cento, 1930-2001) è entrato nella storia della fotografia italiana grazie ad alcune provocatorie produzioni d’immagini realizzate negli anni settanta del Novecento. Non solo fotografo, ma anche pittore, incisore, scrittore, poeta e persino attento cultore della ricerca etno-storica (fondamentale il suo apporto alla costruzione dell’archivio della fotografia storica del Centro Etnografico Ferrarese), Vidoni è stato nel panorama dell’Arte italiana della seconda metà del Novecento una presenza attivissima, lucida e di complesso vigore intellettuale, un artista poliedrico, provocatorio, capace di utilizzare e mescolare tecniche, generi e discipline differenti.
Nato a Cento nel 1930, iniziò la sua formazione presso l’istituto d’arte “Dosso Dossi” di Ferrara per poi trasferirsi all’istituto d’arte di Modena, ove conseguì il diploma. Nel 1956 approdò all’insegnamento di materie artistiche nelle scuole medie, ove rimase in servizio fino al 1982.
Si è spento per un male incurabile nel 2001. Dal 2015 il Centro Etnografico del Comune di Ferrara è impegnato nello studio della vasta e complessa produzione artistica vidoniana.

La mostra presentata da WJ si concentra sui suoi celebri “falsi” reportage realizzati nei primi anni settanta.

Cambogia | Bruno Vidoni

Era il 1971 quando Ando Gilardi pubblicò sulle pagine di “Photo13”, di cui era direttore, un servizio fotografico sulla guerra in Cambogia realizzato da Vidoni. Gli scatti erano stati in realtà realizzati a Cento sulle rive del fiume Reno, a poca distanza dalla propria casa, con la complicità di alcuni amici. L’impostura era ben esplicitata sia dalle situazioni caricaturali dei soggetti ripresi quanto dalle improbabili didascalie che accompagnavano le immagini ottiche. Vidoni e Gilardi sostenevano infatti che la fotografia bellica avesse perduto ogni valore documentario, finendo con l’ubbidire esclusivamente a funzioni simboliche dettate dai grandi gruppi editoriali, e che inoltre non esistesse conflitto che non fosse possibile ricostruire nella periferia della propria città. Nel 1973 Vidoni, utilizzando lo pseudonimo Roger Walker e sempre con l’appoggio di Gilardi, approfondì il discorso sulla mendacità dell’immagine ottica avviato due anni prima, realizzando tra le strade di Pieve di Cento e di Cento un reportage sugli scontri nel nord dell’Irlanda tra esercito inglese, cattolici e protestanti. Costruito anch’esso utilizzando tutti i luoghi comuni del fotoreportage bellico, nonostante esibisse platealmente gli indizi necessari a coglierne il dichiarato falso trasse in inganno diversi critici di fama che lo presero per vero. Lo svelamento della burla sul numero 6 del giugno 1973 di “Photo13” innescò un vivace dibattito, che proiettò Vidoni nella storia della fotografia italiana. La notorietà di queste provocazioni finì, paradossalmente, con l’oscurarne l’eclettismo artistico. Vidoni infatti fu inoltre pittore, incisore, poeta, critico e gallerista d’arte, ricercatore etnografico, storico e docente di materie artistiche.

Irlanda |Bruno Vidoni

Meno noto è che già nel 1969 Vidoni aveva realizzato un primo falso reportage ambientato nella Spagna franchista, destinato al circuito dei concorsi fotografici, titolato La corrida, ove narrò l’effimera gloria di un giovane torero destinato a incontrare un tragico destino nell’arena. Pure in quel caso il fotografo disseminò gli indizi che avrebbero permesso, a chi li avesse saputi cogliere, di identificare la dichiarata impostura. Infine, nel 1984, Vidoni propose al Centro Etnografico Ferrarese, istituto col quale collaborava fin dal 1973, un ulteriore “falso” reportage fotografico titolato Il filo di Arianna, che aveva per protagonista una terrorista operante nel contesto mediorientale. Il clima sociale di quegli anni, segnati da reali vicende terroristiche nazionali ed internazionali, ne sconsigliò l’esposizione o la pubblicazione.
Questi quattro “falsi” reportage vidoniani vengono ora presentati al pubblico dopo approfonditi studi critici, accompagnati da materiali inediti emersi durante il riordino dell’archivio dell’artista centese, attività avviata nel 2015 sotto la supervisione scientifica del Centro Etnografico Ferrarese.

Luogo: Senape Vivaio Urbano | Igor libreria – via Santa Croce 10/abc – Bologna
Organizzatori: Witness Journal in collaborazione con Arci Bologna e Qr Gallery