Fotogiornalismo e media online

Fotogiornalismo e media online
© Federico Bernini

Il rapporto tra fotografia e media online

Il seguente articolo intende affrontare una riflessione sul rapporto tra fotogiornalismo e media online, cercando di approfondire il senso e le nuove prospettive che la digitalizzazione dell’informazione ha imposto alla produzione dei contenuti fotografici. L’avvento dell’informazione online in Italia è datata al 1994 quando L’Unione Sarda e l’Unità decisero di aprire le versioni online dei quotidiani, cui seguirono La Stampa, La Repubblica, il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore fino a quotidiani unicamente online, come affaritaliani.it (a questo proposito si veda Uliano Lucas, Tatiana Agliani, La realtà e lo sguardo. Storia del fotogiornalismo in Italia, Einaudi, Torino 2015)

Il sistema dell’informazione si è modificato a partire proprio dal flusso di lavoro: con l’avvento del digitale in sostituzione dell’analogico e di internet come strumento di trasferimento dei file si sono imposti criteri di velocità, immediatezza e precisione. La scelta della foto notizia, quella che potrebbe andare bene per la carta stampata, non è più sufficiente: serve maggiore approfondimento e diversificazione per implementare le gallery e le immagini di apertura degli articoli online che sono soggetti a costanti aggiornamenti.

Media online: cambia la struttura narrativa della notizia

Le nuove tecnologie digitali sia in termini di prodotti editoriali sia di supporti per la fruizione dei contenuti definiscono una nuova modalità di costruire, progettare e realizzare un servizio fotogiornalistico. Il racconto fotografico cambia e si arricchisce perché, a differenza della carta stampata, lo spazio sui media online è potenzialmente senza limiti e consente di intrecciare diversi linguaggi in un unico racconto giornalistico, dando spazio alle immagini, al testo, al video e alla parola. 

La scorsa estate, in occasione dei 20 anni dal massacro di Srebrenica, avvenuto durate la guerra in Bosnia, ho realizzato un servizio fotografico nei luoghi dell’eccidio e nella città di Srebrenica. La costruzione del servizio ha seguito due diversi criteri compositivi: ho scattato immagini utili per la carta stampata, capaci di sintetizzare in pochi scatti la notizia, ho poi articolato una selezione di fotografie più ampia destinata ai media online e ai settimanaliIl cambio di prospettive e le opportunità di diversificare le fasi del racconto fotogiornalistico offerte dai media online, hanno aperto la strada a una nuova visione dello storytelling. Sempre più spesso all’immagine fotografica vengono affiancati altri linguaggi come quello sonoro e audiovisivo, in grado di fornire al lettore una dimensione di transmedialità del racconto. Questo approccio consente di fornire una maggiore completezza del racconto e rappresenta una concreta opportunità che manca alla carta stampata. Il corriere.it, nella sua versione ditigital edition, oltre al testo e alle immagini correda gallery fotografiche più ampie, video interviste e audio interviste come approfondimento del singolo pezzo.

Criticità e nuove sfide

La produzione e la diffusione massiva di supporti mobile in grado di scattare foto, girare video, registrare audio e contemporaneamente condividere e pubblicare sui social media contenuti giornalistici, ha ridefinito le modalità di produzione e condivisione delle notizie e allo stesso tempo i criteri di accesso alle stesse, sia da parte dei cittadini sia da parte delle testate giornalistiche. È notizia delle scorse settimane la valanga di neve che in Val Pusteria ha ucciso, travolgendoli, sei sciatori. Il giorno stesso, le foto che sono apparse sulle gallery online erano un misto di scatti realizzati con cellulari, immagini delle vittime scaricate dai loro profili social e immagini realizzate dai fotoreporter accorsi sul posto. Il giorno dopo, due dei principali quotidiani italiani, nella loro versione cartacea, hanno pubblicato, a corredo degli articoli, le foto di alcune delle vittime scaricate da facebook. Non so dire se questo abbia reso vano il lavoro dei fotogiornalisti intervenuti, credo però che con sempre maggiore frequenza sia in atto una ridefinizione del ruolo e dell’utilizzo delle immagini scattate dai professionisti. L’affermarsi in ambito pubblico della figura del citizen journalist, un comune cittadino che dotato di tecnologia e una buona dose di fortuna, produce, pubblica e consuma notizie che poi vengono riprese e utilizzate dai media, ha disorientato alcune certezze del passato e messo in discussione il ruolo deontologico e professionale del fotogiornalista. C’è di più: la questione riguarda il vasto mondo dei diritti e dei crediti fotografici. Il fatto stesso che molte delle immagini pubblicate online e sul cartaceo siano prive di crediti, evidenzia la condizione di minorità, storica, che il fotogiornalismo ha in Italia fin dal suo nascere nella seconda metà dell’800. La distinzione che la L. 633 del 1941 sul Diritto d’Autore pone tra opere fotografiche e fotografie semplici è emblematica del ruolo e del valore che le immagini fotogiornalistiche assumono all’interno del sistema di informazione: di fatto le immagini dei reporter, essendo di norma qualificate come immagini semplici, possono godere soltanto di diritti accessori a differenza delle opere fotografiche, nelle quali essendo presente un alto contribuito creativo e innovativo, godono di diritti morali e di utilizzazione economica. In questo quadro, la mancata firma del credito fotografico rappresenta un’ulteriore perdita di credibilità del lavoro fotogiornalistico, specie sull’online dove il flusso e il ricambio di immagini è evidentemente più rapido e continuo rispetto ai supporti cartacei. Infine questi cambiamenti implicitamente pongono una domanda: è più importante pubblicare sul cartaceo o sull’online? La domanda resta aperta e soprattutto la risposta cambia a seconda della sensibilità e della predisposizione del fotogiornalista. Una questione resta però al centro del dibattito: i crediti fotografici rappresentano al momento uno dei pochi strumenti di rivendicazione e di credibilità professionale che il fotoreporter ha a disposizione, oltre a rispondere alla deontologia codificata nelle carte e nel testo unico dei doveri del giornalista.