di Andrea Mancuso / foto di Valeria Altavilla, Vittorio Giannitelli e Andrea Mancuso
Jequiè (Bahia), Paula aveva 26 anni quando è stata ritrovata in una borsa con mani e piedi legati martedì 5 novembre 2019, dopo essere scomparsa da diversi giorni. A causa dello stato di decomposizione del suo corpo, fu necessaria un’analisi delle impronte digitali per identificarla.
Roma, si chiamava Vittoria, brasiliana, aveva un’età non specificata tra i 40 e i 50 anni. Il suo corpo è stato scoperto in un giardino condominiale nel pomeriggio di sabato 30 marzo 2019, da un residente che ha visto i suoi piedi sporgere dall’erba. La causa del decesso non è nota, ma le circostanze sono considerate sospette.
La piaga della transfobia
Da ottobre 2018 a settembre 2019, sono 369 le vittime di transfobia nel mondo, 1148 negli ultimi tre anni. Nell’arco di un decennio, più di una persona al mese è deceduta per odio o pregiudizio verso le persone transgender, indipendentemente da qualsiasi altro fattore della loro vita. Una tendenza che non mostra alcun segno di attenuazione. In Sud America, il Brasile si conferma il Paese più pericoloso, con 168 omicidi solo nell’ultimo anno, mentre in Europa, l’Italia rimane tra i primi posti appena dietro la Turchia. I nomi delle vittime e i luoghi dove sono state rinvenute, sono raccolti anno per anno sul sito web “Remembering Our Dead”. Un progetto nato dopo l’omicidio di Rita Hester il 28 novembre del 1998, uccisa a coltellate nel proprio appartamento ad Allston (quartiere di Boston). Quando i giornali ne riportarono la notizia, lo fecero parlando di Rita al maschile, con la disapprovazione della famiglia e amici della donna. Per la stampa Rita era solo una seconda identità, non la sua vera identità. La cancellarono come fu cancellata dai suoi assassini. Rita morì due volte, come tutte le vittime di transfobia, a causa di una narrazione tossica che non riconosce la persona nella sua identità, ma al contrario ne amplifica il pregiudizio.
Il Transgender day
Il Transgender day of remembrance (TDoR) è una giornata che, dal 1999, si celebra in tutto il mondo il 20 novembre per commemorare le numerose vittime di transfobia, perchè non vengano dimenticate e per accrescere la consapevolezza nell’opinione pubblica dei numerosi crimini di cui sono vittime, un’azione che i media attuali non svolgono.
“La comunità trans vive una condizione di grave pericolo, che vede le persone T costantemente esposte al rischio di aggressioni, violenze e omicidi. Vogliamo ricordarle una per una, con lo scopo di mandare un messaggio di resistenza alla violenza e di lotta per il diritto all’esistenza e all’autodeterminazione”, recita una parte del manifesto del Coordinamento Arcobaleno, che a Milano ha organizzato l’evento. Come a Bologna il Mit – Movimento identità trans e il Gruppo trans, insieme ricordano che “La violenza di genere assume diverse forme. Le vittime trans di omicidi di matrice transfobica sono donne che hanno pagato con la propria vita il fatto di aver tradito il patriarcato attraversando i generi approdando verso la femminilità, di essere migranti, di essere lavoratrici del sesso e di avere la pelle di colore nero. In questo odio verso le persone trans vediamo la stessa matrice che sta attraversando il mondo intero”.
La fiaccolata
Centinaia di candeline brillavano disposte in modo da scrivere TDOR 368 sul pavè di Piazza della Scala. Le mani non curanti della fredda serata di novembre, stringevano rose bianche o candele che illuminavano i volti delle persone accorse in Piazza del Nettuno. Le orecchie ascoltavano, il cuore accoglieva, la mente non dimenticava i nomi di Paula, Vittoria e parte delle 369 vittime di transfobia dell’ultimo anno. Dal Nettuno alla Scala, dove Checcoro concludeva il TdoR 2019 intonando:
“We shall overcome,
We shall overcome,
We shall overcome, some day.
Oh, deep in my heart,
I do believe
We shall overcome, some day”