di Daniele Napolitano e Rebecca Rossetti / Foto degli autori
Con il lavoro di Daniele Napolitano e Rebecca Rossetti, Witness Journal vuole inaugurare una serie di articoli sulla lotta per i diritti delle donne in occasione dell’8 marzo, giornata a loro dedicata. Di seguito l’articolo dei due autori che hanno lavorato a Buenos Aires, capitale dell’Argentina nel 2019.
Parlando delle donne di Buenos Aires
Parlando di Buenos Aires, Borges diceva “A me sembra una fandonia che Buenos Aires ebbe inizio. La giudico tanto eterna come l’acqua e l’aria” ed è quello che si sente appena si poggia il piede nella capitale Argentina. Con i suoi 14 milioni di abitanti, si presenta in modo caotico e disordinato, senza nessuna coerenza architettonica o urbanistica, dove enormi grattaceli moderni si alternano con baracche fatiscenti si; una metropoli moderna, che non perde il legame con la tradizione. La capitale di un paese che ha memoria viva di una terribile dittatura, quella dell’ex quarantaduesimo presidente Videla, Generale dell’esercito, che ha governato l’Argentina dal 1976 al 1981. La dittatura di Videla si è resa famosa per le sue pratiche repressive e brutali, torture e arresti contro oppositori erano all’ordine del giorno: “i voli della morte” rimarranno impressi nei libri di storia, pratica con cui si veniva arrestati, messi su un aereo e scaricati in mare, così, come se nulla fosse.
I “desaparecidos”, uomini e donne catturati e fatti, proprio come dice la parola, sparire dal giorno alla notte, sono più di 30.000. Chiunque a Buenos Aires ha una storia da raccontare, molto spesso legata proprio a un parente, un amico o un conoscente scomparso durante la dittatura sanguinaria di Videla. Questa brutale, sfacciata e recente gestione del dissenso ha lasciato ferite ancora aperte nel popolo argentino, una colpa di cui ancora nessuno si è completamente assunto la responsabilità. Circa 30.000 persone senza nome e senza pace né giustizia, che vivono nella memoria e nella lotta quotidiana di chi pretende giustamente di avere un nome da accusare,un responsabile, una tomba su cui piangere. Un paese che non dimentica il passato, ma che deve fare i conti con il presente, figlio anch’esso degli scossoni di un’economia sempre troppo debole e di un governo mai all’altezza della sua gente.
Le strade di Buenos Aires sono una manifestazione perenne, c’è chi marcia per i figli desaparecidos, chi per il diritto all’aborto libero e gratuito, chi lotta per un salario più umano e una casa che non sembri una baracca. Questo è il clima politico sociale e culturale che ci ha portato a Buenos Aires, neldicembre 2019. Abbiamo scelto di raccontare tutto questo attraverso la forza diverse storie di donne: Ana e Catalina, due ex desaparecidas turturate in giovinezza e poi rilasciate. Beti e Veronika, due artiste e pittrici argentine. Pato, maestra di una scuola elementare un quartiere periferico e ballerina di Tango dissidente. Norita e la sua fotografa Karina, che animano plaza de Mayo e il movimento che ne scaturisce.
Il risultato è una città dal volto femminile e intenso. In questa marea abbiamo cercato un doppio filo conduttore, provando a mettere un ordine impossibile da mettere, cercando di capire da dove partire per raccontare un pezzo di questa città, di questi mondi che si intrecciano. Abbiamo voluto raccontare le storie di queste donne e le tracce di memoria, solchi segnati sul viso di Norita e le altre Abuelas de Plaza de Mayo ma anche segnati per le strade, dove il movimento femminista argentino sembra non perdere mai la voce. Il tono è alto, la voglia di rivendicare i propri diritti di donna, di madre, di uomo e cittàdino appaiono simili in tutto il mondo.
Rebecca Rossetti
Sono Rebecca Rossetti, ho 24 e sono salentina naturalizzata a Roma ma con addosso mille traslochi. L’ultimo in Argentina, dove ho vissuto 5 mesi. Da attivista di Casa Madiba Network e FridaysForFuture oltre che studentessa prima di scienze politiche e ora di economia per lo sviluppo sostenibile mi sono sempre interessata a tematiche sociali, alle lotte femministe, ambientali e alla questione migranti, difendendo i diritti di tutte e tutti. Ho provato a incastrare i miei interessi con gli studi e quello che è uscito fuori sono vari scambi culturali all’estero e tirocini nel campo della sostenibilità o della giustizia sociale. Nel mio cammino ho incontrato molti compagni e compagne che hanno arricchito tantissimo la mia valigia e dato nuovi input che continuo ad alimentare. Il report che è nato dall’intenso lavoro di Daniele Napolitano, amico, compagno, fotografo e tanto altro, e della sottoscritta, prova ad essere una piccola finestra sulla complessa realtà argentina, transfemminista, lottatrice e viva. È questa la prima collaborazione con Daniele e il primo vero e proprio reportage a cui partecipo.
Daniele Napolitano
Mi chiamo Daniele Napolitano, sono nato e vivo a Roma da 28 anni. Nel 2011 ho frequentato un corso di due anni alla Scuola Romana Di Fotografia, diplomandomi nel corso base, in quello avanzato e specializzandomi in reportage. La mia passione per il reportage mi ha portato a collaborare con un agenzia stampa romana, Omniroma, per 6 anni. Mi sono laureato alla facoltà di Scienze e Tecnologie della Comunicazione della Sapienza, approfondendo studi sociologici e antropologici che ho integrato al mio interesse per il reportage, cercando di lavorare sull’uso dell’immagine in merito alla costruzione dell’identità. Seguendo questo interesse ho partecipato a un progetto di formazione e informazione sulla striscia di Gaza, partito nel 2013, che mi ha permesso di fare il docente a dei corsi di fotogiornalismo e videogiornalismo per 3 volte in Palestina, due a Gaza e una in West Bank. Dal 2013 collaboro con Valerio Nicolosi, responsabile della formazione dell’associazione nazionale filmaker e videomaker italiani. Al momento faccio il freelance e collaboro tra gli altri con Dazn, Mediaset, Sky, l’agenzia stampa “ 9 colonne”, L’Ong “Ciss” di Palermo.