Di Daniele Napolitano e Rebecca Rossetti / Foto degli autori
Di corsa, con una carica di colori, il fazzoletto verde legato allo zaino e mille tatuaggi sulla pelle, Karina raggiunge la Plaza de Mayo, dove ogni giovedì pomeriggio accompagna Norita Cortina, una delle rappresentanti delle Abuelas de Plaza de Mayo (nonne di Piazza di Mayo), alla marcia in memoria dei 30.000 desaparecidos. La sua storia è legata a quella di questa anziana signora che da 40 anni milita in tutte le manifestazioni ed eventi in difesa dei diritti dell’uomo e della donna, dei lavoratori e delle lavoratrice, e, prima fra tutte le cause, il diritto alla giustizia per suo figlio sequestrato per mano della polizia del dittatore Videla.
Karina è sia fotografa che conduttrice della metropolitana e militante. In lei questi lavori vanno a braccetto, perfettamente complementari, ed è grazie al loro insieme che segue ogni attività delle Abuelas, facendo da fermo immagine per tutti i momenti più significativi di questa lotta.
Fotografa lo è sempre stata, militante pure. È inevitabile secondo lei che entrambi gli aspetti della sua personalità si incastrino così bene. Da sindacalista, ha sempre partecipato a tutti i cortei fin dal ’97, sostenendo le battaglie per i diritti delle persone sul posto di lavoro, in particolare delle donne che, per via della maternità, venivano licenziate o costrette a salari decisamente dimezzati per poter accudire i propri figli. Proponeva un asilo e un medico per i figli degli operai e delle operaie dell’azienda per cui lavora, orari più sopportabili e avanzava molte altre proposte che però la esponevano particolarmente al rischio di essere vinta. Per questo motivo, con il tempo è cresciuto il disincanto per un mondo anch’esso corrotto e arroccato sui propri interessi. La voglia di rianimarsi e prendere nuovamente parte alle proteste le venne quando conobbe Norita, era il momento di dare il suo sostegno a tutte quelle donne, madri, nonne e compagne, che settimanalmente riempiono la piazza principale di Buenos Aires perché non cedono alla rassegnazione.
Non è lì in quanto fotografa, è sempre presente in quanto donna che supporta gli stessi principi e ideali del gruppo delle Abuelas ed è grazie a questo che si è guadagnata la loro fiducia. Non ha bisogno di scattare la foto del secolo per guadagnare, non vuole rubare le lacrime di nessuno né tanto meno di fissare il dolore di una sparizione in una fotografia. Non è mai una competizione tra fotografi che aspirano a vincere la copertina di qualche giornale. Il suo obiettivo è quello della memoria. È una responsabilità personale perché il frutto del suo lavoro è quello che andrà a rimanere, al di là dei limiti biologici di ognuno, oltre i confini e i tentativi di oscuramento.
È un impegno costante, più che un lavoro è parte della personalità stessa di Karina, ovvero quella di proteggere la memoria, gli sforzi e le azioni delle Abuelas, oltre ad essere un appoggio morale e spesso fisico durante la partecipazione ai cortei, data l’età avanzata di molte di loro. È inoltre fondamentale diffondere e condividere il più possibile quello che avviene e le rivendicazioni che portano avanti, affinchè esse si conoscano pubblicamente in tutto il mondo. Quando un giorno le madri e le nonne dei desaparecidos non ci saranno più, sarà necessario che tutte le persone sensibilizzate fino a quel momento portino avanti le loro battaglie, per non cadere nel dimenticatoio e lasciarle senza uno stralcio di verità. È e sarà necessario fare pressione sui governi, di qualsiasi colore essi siano, per far sì che la storia di migliaia di argentini non venga infangata o scordata.
Per l’età che ha, Karina potrebbe essere stata una figlia di una desaparecida, nipote di una di quelle donne che quotidianamente accompagna in piazza, e forse è anche un po’ per questa empatia che provano verso di lei che la vogliono sempre al loro fianco. Chissà quante volte si saranno immaginate come sarebbero stati oggi i loro figli e figlie, adulti e vivi, o i loro nipoti, che lineamenti avrebbero avuto e che università avrebbero frequentato. Tutti questi condizionali sono stati spezzati con il dubbio della sparizione.
In questa insistenza e persistenza, quantitativamente le donne battono gli uomini, non esiste battaglia più perenne di quella combattuta da donne. Furono loro a esporsi maggiormente, anche perché meno a rischio di essere perseguite rispetto agli uomini, dato che venivano sottostimate e i militari erano interessati ad incarcerare per lo più i sesso opposto. Invece questa scelta si ritorse contro il regime stesso, dato che sembra chiaro che le intenzioni delle attiviste sono di non arrestarsi di fronte a nulla. Pare abbiano scelto di ignorare il genere sbagliato, non fu una protesta passeggera ma bensì una sollevazione ancora forte e vigorosa. Quella che un tempo si può definire come una prima scintilla del movimento femminista in Argentina, oggi può essere inteso come femminismo vero e proprio, nel quale però devono essere inclusi gli uomini. È una perseveranza ammirevole quella delle nonne e madri di piazza di Mayo, ma non è più combattuta da sole donne, si sono e devono continuare ad aggiungersi gli uomini. Il fine è quello di giungere a successi più condivisi dall’intera società, non solo dal genere femminile.